Salva i risparmi con i Btp a lunga scadenza

Costano poco, rendono tanto ma sono più rischiosi di qualche anno fa. Sono queste, in sintesi, le caratteristiche dei Buoni del Tesoro poliennali (Btp) di lunghissima scadenza (superiore a 20 o 30 anni), una categoria di titoli di Stato che oggi sembra particolarmente adatta a quegli investitori che vogliono crearsi un serbatoio di risparmi, in vista della vecchiaia.
Se le pensioni pubbliche garantite dall’Inps sono destinate a diventare più “magre”, soprattutto per noi partite Iva, è bene che corriamo ai ripari, costruendoci un duraturo ed efficace piano di investimenti personalizzato, da attuare nell’arco dei prossimi decenni. Una buona idea per riuscirci, almeno per chi crede nell’affidabilità finanziaria dello Stato italiano, può essere quella di puntare gradualmente proprio sui Btp di lunga durata che possono essere acquistati con un versamento minimo di 1.000 euro e che oggi offrono indubbiamente due vantaggi: garantiscono rendimenti alti, superiori al 5% lordo all’anno, e sono scambiati sul mercato a prezzi molto convenienti.
Il perché non è difficile da capire: durante la fase più acuta delle crisi europea, parecchi investitori hanno venduto a man bassa i titoli di Stato italiani, facendone colare a picco le quotazioni, soprattutto quelle dei Btp di lunga scadenza, che di solito sono considerati i Buoni più rischiosi.
Quotazioni in risalita
Da quando la Banca Centrale Europea si è impegnata a difendere dagli attacchi speculativi i Paesi del Vecchio Continente più indebitati, come l’Italia o la Spagna, i prezzi di molti Btp hanno risalito un po’ la china. Tuttavia, il valore dei titoli con vita residua molto lunga, cioè quelli che verranno rimborsati tra 20 o 30 anni, appare ancora molto conveniente. Sul Mot, il mercato obbligazionario telematico di Piazza Affari, dove è possibile negoziare ogni giorno centinaia di obbligazioni e di Buoni del Tesoro, ci sono per esempio dei Btp che hanno un prezzo inferiore a 80 o 90, per un valore nominale di 100.
Tradotto in parole povere, ciò significa che chi investe una somma di 8.000 o 9.000 euro in questi titoli, alla scadenza (cioè tra 20 o 30 anni) si vedrà restituito un capitale di 10.000 euro. Inoltre, l’investitore incasserà ogni anno anche interessi (cedole) di almeno il 5% lordo (4,37% netto), che potranno essere accantonati e reinvestiti di volta in volta in altri Btp, proprio per crearsi un gruzzoletto in vista della vecchiaia.
I Btp legati all’inflazione
In questo momento, sul mercato c’è una particolare categoria di titoli di Stato a lunga scadenza che, più di tutti gli altri, vengono scambiati a prezzi molto interessanti. Sono i Btpi, cioè i Buoni del Tesoro poliennali indicizzati all’inflazione (inflation linked). Si tratta di obbligazioni che offrono una cedola annua che rimane fissa in termini percentuali (cedola reale) ed è compresa tra il 2,1 e il 2,55%, a seconda delle scadenze (che possono arrivare fino a 30 anni). Il valore nominale del titolo cresce invece ogni 12 mesi in base al tasso d’inflazione registrato nei Paesi dell’Unione Europea. Se i prezzi al consumo aumentano, anche il valore del Btpi si muove, dunque, verso l’alto.
Esempio: supponiamo che un Btpi con scadenza a 30 anni venga emesso oggi a un prezzo nominale di 100 e che, nei prossimi tre decenni, l’inflazione europea sia pari in media al 2% ogni 12 mesi. Nel 2042, cioè alla scadenza, il titolo verrà rimborsato a un valore di ben 180, che si ottiene rivalutando ogni anno il capitale versato di due punti percentuali ogni anno, corrispondenti all’aumento dei prezzi al consumo. Il guadagno complessivo per l’investitore sarà dunque ben dell’80%, che si andrà ad aggiungere ai rendimenti garantiti anche dalle cedole reali liquidate ogni anno.
Prezzi stracciati
Va ricordato, inoltre, che oggi molti Btpi di lunga durata sono scambiati sul mercato con quotazioni davvero “stracciate”. Dopo la crisi europea, infatti, i prezzi dei titoli con scadenza nel 2041 sono scesi addirittura sotto il livello di 80, a fronte di un valore nominale di 100.
Se un investitore acquista oggi questi Btpi e decide di tenerli nel portafoglio sino alla scadenza, fa quindi davvero un ottimo affare. Nell’ipotesi che l’inflazione rimanga stabile attorno al 2% durante i prossimi 30 anni, nel 2041 il possessore del titolo si ritroverà con un capitale più che raddoppiato: una somma di 8.000 euro crescerebbe sino a 18.000 euro circa, a cui andrebbero aggiunte tutte le cedole reali garantite periodicamente dal titolo.
Le avvertenze per non sbagliare
Prima di mettere in atto troppo a cuor leggero questa strategia di investimento, dobbiamo tuttavia tenere a mente alcune avvertenze. Innanzitutto, chi acquista i Btpi “lunghi” deve essere disposto a tenerli nel portafoglio per moltissimo tempo, senza curarsi delle oscillazioni dei prezzi nel breve periodo, che possono essere molto consistenti (come avviene per qualsiasi obbligazione di lunga scadenza).
Inoltre, il consiglio degli esperti delle case di investimento è sempre quello di non concentrare troppo i propri risparmi sui titoli di Stato di un singolo Paese, Italia compresa. È bene, dunque, diversificare il portafoglio e acquistare anche altri bond indicizzati all’inflazione, emessi dai Paesi dell’Unione Europea. I più diffusi sul mercato sono indubbiamente gli Oati collocati dal Tesoro francese, che hanno un meccanismo di funzionamento analogo a quello dei Btpi italiani. Anche gli Oati garantiscono, infatti, il pagamento di una cedola annua che rimane fissa in termini percentuali ed è compresa tra l’1,6 e il 2,25% a seconda delle scadenze, mentre il valore nominale del titolo segue l’andamento dei prezzi al consumo.