Con un bel gancio Fornero ha messo al tappeto le partite Iva
In pensione sempre più tardi, dopo aver pagato una montagna di contributi. E’ il destino che purtroppo subiranno circa 2 milioni di partite iva italiane, dopo l’approvazione dell’ultima riforma previdenziale (contenuta nella legge n. 214 del 2011-il Decreto Salva Italia) e di quella del mercato del lavoro (la legge n.92 del 2012), che portano entrambe la firma dell’attuale ministro del welfare, Elsa Fornero.
Effetto combinato
I due provvedimenti avranno un effetto combinato che certo non piacerà a molti lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata: un particolare fondo dell’Inps dove confluiscono i contributi dei precari assunti con un contratto flessibile come le collaborazioni a progetto, ma anche di tutti i liberi professionisti non iscritti agli Ordini. E’ una massa enorme di circa 1,8 milioni di lavoratori, che svolgono in forma autonoma i mestieri più disparati, dai consulenti d’azienda ai traduttori di lingue straniere, dai ricercatori con borsa di studio agli spedizionieri doganali, solo per citare qualche esempio. Anche loro, come tutti gli italiani, nei prossimi decenni vedranno spostarsi in avanti la data del pensionamento che crescerà di pari passo con le aspettative di vita della popolazione, stimate ogni anno dall’Istat (l’Istituto Nazionale di Statistica).
Contributi alle stelle
Per colpa della riforma previdenziale di Elsa Fornero, dunque, chi oggi ha meno di 40 anni di età, sarà probabilmente costretto a mettersi a riposo non prima dei 70 anni. Negli ultimi mesi, però, molte partite iva hanno dovuto ingoiare anche un altro boccone amaro: i contributi da versare alla Gestione Separata subiranno infatti una crescita di oltre 5 punti nei prossimi anni, svuotando le tasche di molti lavoratori autonomi. Con l’approvazione della riforma del lavoro, è previsto un aumento della contribuzione dall’attuale 27,72% del reddito dichiarato fin sopra del 33% circa. Sarà un percorso a tappe, che partirà nel 2014 (con l’aumento di un punto) e si concluderà definitivamente nel 2019.
Favoriti gli Ordini
L’obiettivo del ministro Fornero è penalizzare l’utilizzo da parte delle aziende di certe forme di lavoro precario, in particolare le collaborazioni a progetto (co.pro), che oggi costano molto meno rispetto alle assunzioni stabili, a tempo indeterminato. Peccato, però, che questa impennata dei contributi finisca per penalizzare non soltanto le co.pro. ma anche chi svolge il proprio lavoro in forma autonoma, con la partita iva, per libera scelta e senza vincoli di dipendenza da un’azienda. Di conseguenza, l’enorme massa dei professionisti senza Ordine e iscritti alla Gestione Separata si troverà in futuro a pagare molti più contributi di altre categorie di lavoratori autonomi: molti di più, per esempio, rispetto ai commercianti o agli artigiani (che versano una quota del reddito tra il 20 e il 24%) oppure dei professionisti appartenenti agli Ordini. E’ il caso dei commercialisti o gli avvocati che sono iscritti a delle Casse autonome, cioè a degli enti previdenziali di categoria, indipendenti dall’Inps, che di solito richiedono una quota di contributi pensionistici molto bassa, spesso inferiore al 20% del reddito annuo.
Disparità di trattamento
Tradotto in soldoni, un iscritto alla Gestione Separata che guadagna circa 30mila euro lordi all’anno, nel 2019 dovrà versare all’Inps una cifra prossima a 10.000 euro ogni 12 mesi. Non sarà dunque facile, per molti lavoratori autonomi, riuscire a restare sul mercato a queste condizioni, quando ci sono altri professionisti (spesso loro concorrenti) che pagano meno contributi. Per rendersene conto, basta esaminare un esempio concreto. Si prenda il caso di una piccola consulenza fiscale che costa appena 100 euro di parcella. Se la prestazione viene erogata da un commercialista, i contributi da pagare sul compenso lordo ammontano ad appena 14-15 euro. Se invece lo stesso servizio viene svolto da un consulente tributario non iscritto a un Ordine professionale, la quantità di contributi pensionistici è pari a quasi il doppio, cioè a 27 euro, che saliranno a 33 euro nel 2018. Dunque, al netto dei contributi, un commercialista incassa circa 85 euro, mentre un consulente tributario iscritto alla Gestione Separata riceve un compenso inferiore a 70 euro. E’ una disparità di trattamento, che si commenta da sola.