Continua la stretta sul credito. I dati di Assifact

«Nel 2013 prevediamo che il credito all’economia (imprese e autonomi) non registrerà nessuna ripresa. Non ci sono le condizioni perché questa avvenga». A parlare così, nel corso di un incontro pubblico che si è tenuto a Milano a tre giorni dalle elezioni, sono stati Alessandro Carretta, segretario generale di Assifact, l’associazione italiana degli operatori del factoring, oggi uno dei settori trainanti del comparto bancario (il fatturato 2012 è stato di 175 miliardi di euro, l’11,25% del Pil con una crescita del 4,3% sul 2011) e Massimo Ferraris, che dell’Assifact è presidente oltre che direttore generale di Ifitalia, la società italiana di factoring del gruppo BNP Paribas e terzo operatore del settore nel nostro Paese.
Un sistema sbilanciato
Secondo Carretta, malgrado la crisi e la stretta del credito, il sistema produttivo italiano rimane troppo sbilanciato verso il credito bancario, che nel nostro Paese (i dati, diffusi a febbraio 2013, sono della Banca d’Italia) rappresenta il 70% dei finanziamenti alle imprese contro una media europea del 50%. Per contro il sistema bancario rimane troppo sbilanciato verso i prestiti alle imprese, che in Italia rappresentano il 20% dell’attivo bancario contro il 13% della media Ue. E fra i prestiti alle imprese la quota di quelli a breve non garantiti, i fidi sul conto corrente, è troppo elevata (28% sul totale finanziamenti contro il 12% di media europea). In più, in tutt’Europa, è finito il calo dei tassi registrato fino all’estate 2012. «Dall’autunno dell’anno scorso – spiega Carretta – i tassi sui prestiti hanno ricominciato a salire, in Italia più che nel resto d’Europa. L’offerta di credito è in contrazione in tutto il Continente. Anche in Inghilterra, dove il governo ha stabilito di dare soldi alle banche solo a patto che il denaro arrivasse all’economia reale (funding for lending) gli istituti hanno preferito finanziare il settore immobiliare piuttosto che dare credito all’industria e al commercio. Pensiamo che la “rarefazione” del credito possa durare per tutto il 2013 e attenuarsi solo a metà del 2014».
Il ruolo del factoring
«Il factoring – dice Ferraris – acquistando i crediti fa la sua parte per alleviare la domanda di finanziamenti del sistema produttivo. Ma non basta. Non vorrei che l’anno prossimo ci rivedessimo qui per annunciare altri straordinari risultati del factoring a fronte di un’economia sempre più in crisi e di un sistema bancario che non riesce a far fronte alle esigenze del paese reale. L’unico strumento utile, già impiegato in Germania e in Francia, per alleviare la fame di credito è lo smobilizzo dei crediti della pubblica amministrazione. Ricordiamo che la Pubblica amministrazione in Germania paga mediamente in 35 giorni, nel Regno Unito a 44 giorni, in Francia a 57 giorni. In Italia siamo a 180 con un ritardo medio di 90».
La zavorra dei debiti della pubblica amministrazione
«Abbiamo stimato – sostiene Carretta – che se la Pubblica amministrazione in Italia pagasse effettivamente a 30 giorni l’effetto positivo sul Pil sarebbe di 5,3 miliardi, pari a un +0,33%. Purtroppo sembra difficile che le regole in questo senso vengano effettivamente rispettate. Al contrario le nuove norme europee che impongono di considerare i debiti della Pa ceduti (pro soluto) agli operatori di factoring come debito pubblico hanno già portato nel 2012 a un incremento del debito pubblico italiano di 9 miliardi di euro (circa mezzo punto percentuale) già contabilizzato dalla Banca d’Italia. Da tener presente che questa norma, di fatto, sostanzialmente penalizza solo l’Italia e la Spagna. Il rischio, molto concreto, è che si vada verso una nuova politica europea di contabilizzazione dei debiti della pubblica amministrazione. Una politica che, come più volte annunciato, porti a considerare tutti i debiti scaduti della pubblica amministrazione (cioè quelli che non vengono pagati puntualmente al termine pattuito) come debito pubblico, indipendentemente dalla loro fattorizzazione. Vogliamo mettere in guardia il prossimo governo da questo rischio, abbastanza grave da azzoppare qualsiasi possibile ripresa economica ben prima di quanto questa possa cominciare a manifestarsi». Ricordiamo che pochi giorni orsono il Sole 24 Ore aveva stimato lo stock di debiti scaduti della Pa in 70 miliardi che potrebbero provocare dopo le elezioni un’impennata del debito pubblico di oltre il 3,5% malgrado tutti gli sforzi fatti nel 2012 per contenerlo e ridurlo.