Investimenti, a chi affidare i propri soldi senza farsi fregare
Meglio andare in banca, affidarsi a un promotore finanziario oppure a un consulente indipendente? È una domanda che oggi si pongono molte famiglie, quando devono chiedere consigli su come investire i propri soldi. Nell’industria del risparmio gestito, ci sono infatti 3 categorie di soggetti che si contendono il mercato fino all’ultimo cliente, spesso con offerte allettanti da cui è bene però stare in guardia, almeno in certi casi.
Cosa c’è dietro allo sportello
Oltre il 70% di chi ha soldi da investire è ancora abituato a rivolgersi al proprio sportello bancario di fiducia, nonostante negli ultimi 10 anni molte banche abbiano spesso tradito i propri clienti. Le obbligazioni-spazzatura di Cirio, Parmalat o dell’Argentina, che (tra il 2000 e il 2005) hanno aperto una voragine nel portafoglio di molte famiglie, sono state vendute senza ritegno proprio dalle più grandi banche italiane, che hanno poi pagato (giustamente) un prezzo: sono state trascinate in tribunale e sono state costrette a pagare risarcimenti milionari a migliaia di risparmiatori, in tutta la Penisola. Dopo questi episodi, negli sportelli degli istituti di credito qualcosa è cambiato: da 5 anni a questa parte, infatti, è entrata in vigore una direttiva europea (la Mifid) che obbliga le banche a vendere ai clienti soltanto i prodotti finanziari compatibili con le loro esigenze e con il loro profilo di rischio, che viene determinato sottoponendo al risparmiatore un questionario. Nonostante la presenza di queste tutele, però, è sempre meglio stare in guardia e rendersi conto di una cosa: la banca non è l’unico interlocutore possibile, quando si va in cerca di qualche consiglio sugli investimenti.
Promotori sì, ma iscritti all’albo
Chi è in grado di gestire i propri soldi con il fai-da te, probabilmente non ha bisogno di suggerimenti, se conosce bene i prodotti che compra e i rischi a cui si espone. In alternativa, ci sono però altri professionisti che possono essere d’aiuto, almeno quando si tratta di operatori seri e affidabili. Esistono per esempio i promotori finanziari che sono figure professionali attive in Italia da quasi 40 anni e che gestiscono i soldi di circa 3 milioni e mezzo di persone, per un totale di oltre 230 miliardi di euro. Chi fa il mestiere del promotore, deve essere iscritto a un apposito Albo (l’Apf), a cui si accede dopo aver superato un esame. Attualmente, l’Apf include nel complesso oltre 54mila professionisti che, oltre a possedere particolari competenze in materia finanziaria, devono rispettare anche un codice etico e di comportamento, pena la radiazione dall’Albo. Chi è stato colpevole di truffe o raggiri ai danni dei risparmiatori, com’è ovvio, non può esercitare la professione e non può maneggiare i soldi dei clienti. Dunque, di fronte a un’offerta di investimento che arriva da un promotore finanziario, la prima cosa da fare è verificare se risulta iscritto all’albo (che è facilmente consultabile su internet, all’indirizzo www.albopf.it). Se il nome non compare, meglio girare alla larga.
I consulenti indipendenti
Negli ultimi anni, parallelamente ai promotori, nel mondo del risparmio si è fatta strada una nuova figura di professionista, che però ha ancora una quota di mercato assai modesta, attorno all’1%. Si tratta del consulente finanziario indipendente (o indipendent financial advisor), che offre consigli al pubblico sui prodotti d’investimento da acquistare, selezionando i migliori sul mercato, senza nessun conflitto di interessi. Il lavoro dei consulenti indipendenti, che spesso si pongono in alternativa ai promotori finanziari, viene remunerato con le parcelle pagate direttamente dal cliente per il servizio ricevuto, come avviene quando si va da un medico, da un commercialista o da un avvocato. Il financial adivisor, a differenza dei promotori, non ha rapporti commerciali di alcun tipo con chi fabbrica i prodotti finanziari, cioè con le banche, le società di gestione del risparmio o le compagnie assicurative, da cui non incassa nemmeno un centesimo sotto forma di commissioni. Inoltre, il consulente non può neppure toccare direttamente il capitale dei clienti, ma si limita soltanto a indicare loro la soluzione più giusta per mettere a reddito l’investimento, senza effettuare operazioni che continuano a essere svolte dai risparmiatori attraverso i canali tradizionali, cioè negli sportelli delle banche. Il tutto, in cambio di una commissione (fee) per il servizio offerto, che di solito ammonta allo 0,5-1% del capitale investito. Purtroppo, in Italia si parla da anni di istituire finalmente un albo dei consulenti indipendenti (come quello dei promotori) per regolare meglio questa professione. Il progetto, però, finora è rimasto soltanto sulla carta.