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La Mia Partita IVA • News • Banche • Ma l’Ocse vuole la crescita o ci vuole morti?

Ma l’Ocse vuole la crescita o ci vuole morti?

Banche 1 Giugno 2013

Il Governo Letta annaspa fra discussioni politiche interne difficili da capire anche per i “non addetti ai lavori” mentre l’economia continua ad andare male. Tant’è che l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha appena ritoccato al ribasso le stime sul Pil del nostro paese. A fine aprile aveva previsto per il 2013 un -1,5%, a fine maggio siamo a -1,8%. Le previsioni per il 2014 sono passate da +0,5% a +0,4%. Ancora peggio le nuove stime sulla disoccupazione prevista all’11,9% a fine 2013 (era al 10,6%). Nel 2014 secondo l’Ocse arriverà al 12,5%.

 

Stime credibili? Non sarebbe ora di piantarla di profetizzare sventure mentre il paese tenta in tutti i modi di uscire da una crisi che sembra non finire mai? O le cose è meglio dirle chiare, anzi, era meglio saperlo prima? L’Ocse non risparmia frecciate all’intenzione dichiarata dal Governo di pagare almeno un po’ di debiti della PA verso i privati, dicendo che se lo stato centrale si mette a pagare i debiti delle amministrazioni locali e delle aziende pubbliche questo potrebbe spingerle “a contrarre ulteriori debiti”. Per uscire dalla crisi – teorizza l’Ocse – l’Italia deve “consolidare le riforme positive per la crescita” ed “evitare riduzioni premature delle tasse”. Ma come cavolo si fa a sostenere che pagare i debiti “potrebbe spingere a farne altri”? E come può essere prematura una riduzione delle tasse sul lavoro e sulle imprese che è fra le più alte d’Europa?

La confusione sembra regnare sovrana, ma soprattutto è una dichiarazione dell’Ocse a lasciare perplessi: “L’area euro ha bisogno di una politica monetaria ancora più accomodante, la Bce dovrebbe ridurre ulteriormente i tassi di interesse”. Insomma, l’Ocse non solo pretende di continuare a dare lezioni all’Italia e all’Europa in senso rigorista, ma anche di dettare alla Banca Centrale Europea l’agenda di marcia.

 

Davanti alla sede centrale della Bce a Francoforte, intanto, migliaia di militanti di Blockupy, il movimento di protesta anti-capitalista europeo parallelo a Occupy Wall Street americano, hanno inscenato giovedì 30 maggio proteste anche violente. Secondo l’Ocse l’istituto guidato da Mario Draghi dovrebbe continuare a fare quello che sta facendo ormai da dieci anni: ridurre i tassi ufficiali d’interesse dell’euro, anche se questi sono ormai ai minimi storici e non hanno più nulla a che vedere né col costo né con la disponibilità di denaro prestati dalle banche. In più l’Ocse sembra ignorare due cose:

 

primo, continuare ad agire solo sui tassi di interesse non crea nuova occupazione. Occupazione che è comunque strutturalmente depressa per l’enorme trasformazione tecnologica che sta vivendo il mondo, con 26 milioni di giovani disoccupati nei paesi Ocse. L’occupazione si crea con gli investimenti. Gli investimenti le aziende li fanno se hanno credito dalle banche, non se i tassi si abbassano e il credito pure.

 

Secondo: l’Ocse sembra non trarre nessuna lezione da quello che sta succedendo in Giappone. Il Giappone per oltre 20 anni ha avuto come obiettivo economico la riduzione del debito, la lotta all’inflazione, l’equilibrio dei conti. Risultato: il Giappone ha vissuto 20 anni di deflazione. Cioè di consumi in calo, disoccupazione – soprattutto giovanile – in crescita, Pil in contrazione. Vi ricorda qualcosa? Alla fine di questo ventennio il debito non si era ridotto, ma era arrivato al 260% del Pil, il doppio di quello italiano. Quest’anno il Giappone è il paese con il Pil che cresce tendenzialmente di più al mondo perché ha abbandonato le politiche di rigore e per controbattere la crisi ha ricominciato a stampare denaro, creando liquidità per il credito e gli investimenti.

 

Quanto ci vorrà perché anche in Europa si possa arrivare ad attuare politiche simili? Basteranno le elezioni tedesche di settembre, che forse vedranno il tramonto dell’era Merkel? E, soprattutto, quando la Bce potrà stampare un po’ di euro creando la liquidità per una ripresa degli investimenti (e del credito a chi lavora), senza assurdi vincoli di stabilità che stanno affossando il continente? Nel frattempo il governo Letta discute ma non prende provvedimenti urgenti. Chissà se sopravvivrà fino a settembre. Chissà se ce la faranno gli italiani.

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