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Ri.Ba, ecco di cosa si tratta

Banche 21 Novembre 2017
Ri.Ba

È uno degli acronimi più diffusi nel gergo quotidiano delle partite Iva, ma spesso molti utilizzano il termine senza sapere cosa significhi. Ci riferiamo alla Ri.Ba, quattro lettere che indicano semplicemente la ricevuta bancaria.

La Ri.Ba è oggi il metodo più comune con cui i lavoratori autonomi e gli imprenditori individuali incassano le proprie fatture. Lo strumento si è diffuso in maniera pervasiva perché è forse il mezzo di pagamento meno caro. Ci sono banche infatti che lo offrono o gratuitamente oppure a fronte del pagamento di un forfait all’interno di un pacchetto di servizi più ampio, oppure ancora di conti correnti convenzionati.

La Ri.Ba è oggi il metodo più comune con cui i lavoratori autonomi e gli imprenditori individuali incassano le proprie fatture perché è forse il mezzo di pagamento meno caro.

Per chi non rientra in questa casistica, non c’è da disperare, poiché solitamente il costo della Ri.Ba è molto basso, di solito fra i 2 e i 6 euro per operazione (comunque inferiore a quelli del bonifico) oppure pari a una quota percentuale dell’importo da incassare: tipicamente fra il 2 e il 7 per mille, a seconda dell’ammontare della singola Ri.Ba o del totale delle Ri.Ba presentate in un determinato mese, trimestre, quadrimestre o semestre.

Due tipologie di Ri.Ba

Esistono due tipologie principali di Ri.Ba. In quella classica il cliente riceve il denaro sul proprio conto corrente, dopo che il debitore ha pagato. Nella Ri.Ba salvo buon fine, invece, la somma di denaro può essere utilizzata anche prima del pagamento da parte del debitore. In questo secondo caso, infatti, al creditore viene accreditato immediatamente il controvalore della fattura da incassare, diminuito della commissione bancaria e degli eventuali interessi calcolati dal giorno di presentazione della Ri.Ba alla scadenza della fattura. Così, a titolo di esempio, se si presenta oggi una fattura che scade fra un anno, la banca tratterrà dall’importo anticipato sul conto un anno di interessi passivi oltre alla commissione.

Occhio però alle sorprese, perché altrimenti si rischia grosso. Se infatti al momento della scadenza del credito il debitore non paga, il creditore dovrà restituire quanto incassato in anticipo dalla banca. Non solo. Il creditore sarà chiamato anche a versare un’eventuale penale prevista negli accordi oppure gli interessi ulteriori calcolati dal giorno del mancato pagamento a quello dell’avvenuta restituzione.

La Ri.Ba digitale

Dal punto di vista formale la Ri.Ba è quindi un documento (in passato solitamente di natura cartacea, oggi quasi esclusivamente rappresentato da flussi elettronici di scambio) con cui il creditore – quindi il lavoratore autonomo che ha emesso la fattura per la prestazione del servizio – dichiara di dover ricevere una somma di denaro versata in banca per il pagamento di una propria fattura, e autorizza la banca alla riscossione dell’importo indicato. In altre parole, ci si reca in banca dove si ha il conto corrente, si consegna la copia della fattura da incassare (ancora non scaduta) e la banca accredita sul conto l’importo salvo buon fine, cioè a titolo di anticipo. Se a scadenza il debitore non paga si dovrà restituire quanto già accreditato sul conto.

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