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Prezzo benzina, il pieno truffa pagato anche dalle partite Iva

Auto 10 Aprile 2013

Mancava solo questa. Per le tante partite Iva che utilizzano quotidianamente l’auto per lavoro, non bastavano i pesanti disagi creati dalla la crisi, ora si scopre che qualcuno ha fatto il pieno di furbizia. Negli ultimi anni, infatti, i prezzi dei carburanti sono cresciuti in maniera indiscriminata costringendo tanti lavoratori autonomi a spese impensabili fino a qualche tempo fa. Ma ciò che è peggio è sapere ora che i livelli troppo alti dei prezzi di benzina e diesel sarebbero dipesi da pratiche poco trasparenti messe in atto dalle stesse compagnie petrolifere. Molti di noi lo avevano immaginato, ma ora arriva il marchio di garanzia di un’inchiesta giudiziaria a sostenere che potremmo essere davanti ad una vera e propria truffa.

 

L’inchiesta di Varese

A scoprire il maneggio è stata la Procura di Varese, in collaborazione con la locale Guardia di Finanza, secondo la quale le compagnie avrebbero mantenuto in maniera fraudolenta alti i prezzi dei carburanti. La novità dell’inchiesta tra l’altro è il tipo di accusa che è stata rivolta alle compagnie stesse. Shell, Tamoil, Eni, Esso, TotalErg, Q8 e Api, non sono indagate per aver costituito il classico cartello, ossia un accordo per tenere bassi i prezzi. L’accusa, invece, è truffa aggravata e aggiotaggio, ossia reati di carattere finanziario. Il meccanismo utilizzato per tenere alti i prezzi dei carburanti, si baserebbe, tra le altre cose, su attività realizzate attraverso alcuni fondi di investimento e gli Etf, derivati legati al prezzo del petrolio. Agendo su questi due strumenti finanziari, le compagnie petrolifere avrebbero messo in atto attività speculative che avrebbero contribuito a tenere alto il prezzo del greggio e di conseguenza quello di benzina e gasolio.

 

Altri elementi dell’accusa

Come riferimento gli inquirenti hanno considerato i prezzi medi di benzina e gasolio nel resto dei Paesi europei. Sistematicamente quelli italiani sono risultati sempre superiori. Ma non finisce qui. Nell’ultimo anno sono state analizzate tutte le relazioni che sul tema dei prezzi della benzina sono state prodotte dal ministero dello Sviluppo Economico e dall’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (Antitrust). L’incrocio dei dati ha configurato uno scenario nel quale le spiegazioni fornite da anni sull’aumento dei prezzi dei carburanti non erano plausibili. Secondo gli inquirenti infatti, la rete distributiva troppo estesa e il fatto che i nostri benzinai non possano vendere altri prodotti oltre ai carburanti, sono scuse che non reggono. Le ragioni dei prezzi troppo alti andrebbero cercate da un’altra parte, in una truffa appunto.

 

Class action e rimborso

E c’è qualcuno, forse troppo ottimista, che sta già cantando vittoria. Si tratta dell’associazione dei consumatori Codacons che grazie a un proprio esposto ha dato via libera all’inchiesta. La soddisfazione è giustificata dal fatto che non solo per una volta finalmente la magistratura ha voluto dare credito a chi sosteneva che dietro i prezzi troppo alti dei carburanti ci fosse qualcosa di poco chiaro. Ma soprattutto perché il Codacons ha preso la palla al balzo per lanciare una class action, ossia un’azione giudiziaria in comune tra più consumatori, contro le compagnie petrolifere. L’obiettivo è farsi rimborsare quanto pagato di più in questi ultimi tempi per il pieno di benzina e diesel. Non è ancora chiaro come si svolgerà l’azione, ma in ogni caso per esultare davvero bisognerà attendere che l’inchiesta produca i necessari riscontri, e non risulti invece il classico buco. Nella benzina.

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