Antonio Di Pietro (Idv) risponde alle nostre domande

Il 24 e il 25 febbraio saremo chiamati alle urne per le elezioni politiche. La Mia Partita Iva pubblicherà le interviste agli esponenti più rappresentativi dei partiti che si presenteranno agli elettori.
Il nostro obiettivo è sapere quali sono le proposte contenute nel loro programma elettorale a favore di noi lavoratori autonomi.
Risponde alle nostre domande Antonio Di Pietro, leader dell’Idv.
1) Nella stragrande maggioranza dei casi i detentori di partita Iva vivono in assenza di forme di protezione. In particolare sul fronte della disoccupazione (per esempio chi rimane senza lavoro non gode della cassa integrazione) e poi della pensione (per esempio l’imposizione della gestione separata con la legge Fornero passerà nei prossimi anni dall’attuale 27 al 33%). Qual è la proposta per favorire i lavoratori autonomi?
Ogni categoria, dagli architetti agli artigiani, possiede la sua cassa di previdenza, con aliquote di contribuzione molto variabili, sistemi di protezione diversi e obblighi non uniformi. Si potrebbe, invece, pensare a una cassa di assistenza mutualistica e pensionistica separata, finanziata con i versamenti dei singoli professionisti che potrebbe funzionare anche per i periodi di non lavoro. Si tratterebbe di una sorta di cassa in deroga o di Ente Bilaterale, sulla falsariga di quelli artigianali o del commercio. Invece, parlare di cassa integrazione per i lavoratori autonomi potrebbe essere un non senso, in quanto la scelta di questo tipo di attività, nel caso delle vere partita IVA, prevede il rischio d’impresa.
2) I lavoratori autonomi sono sottoposti a un regime burocratico perverso che sottrae tempo prezioso al loro lavoro. Qual è la proposta per semplificargli la vita?
La burocrazia è da sempre uno degli ostacoli maggiori allo sviluppo economico italiano. Per questo il nostro Paese avrebbe bisogno di semplificare le procedure in molti settori. Per le partite Iva sarebbe opportuno, innanzitutto, creare scaglioni di reddito entro i quali rendere proporzionali gli adempimenti e ampliare ancora i limiti entro cui si applicano il regime forfettario e la contabilità semplificata. Si potrebbero, inoltre, semplificare le procedure, ad esempio quelle per la privacy o per i corsi sulla sicurezza, che per un professionista sono ridondanti e accorpare, in poche comunicazioni, gli attuali 108 adempimenti ai quali sono sottoposti.
3) Ogni anno il Fisco chiede al lavoratore autonomo contemporaneamente al pagamento delle tasse anche la previsione del reddito che avrà accumulato nell’anno fiscale. In sostanza paga le tasse ancora prima di avere incassato quanto gli è dovuto, con l’aggravante di non sapere se incasserà davvero. Qual è la proposta per cambiare la situazione?
Bisognerebbe invertire il procedimento. Vale a dire, far pagare solo un piccolo anticipo sul reddito presunto e saldare, a consuntivo, sul reddito realmente realizzato. In ogni caso, gli acconti possono essere versati sia in maniera storica che previsionale.
4) Un recente studio del Politecnico di Milano curato dal professor Ranci denuncia il senso di estraneità dei lavoratori autonomi nei confronti dello Stato. A questo si accompagna la certezza, da parte dei lavoratori autonomi, di non avere aspettative dallo Stato. Dato per scontato che il popolo delle partite Iva vota (complessivamente sono circa 5 milioni, ma il numero tende a raddoppiare se si considerano i nuclei familiari), qual è la proposta per non farle vivere ai margini dello Stato?
Lo Stato deve dare un chiaro segnale alla categoria. Può dimostrare la propria disponibilità a occuparsi delle partite IVA attraverso la garanzia di un trattamento previdenziale appropriato, una polizza sanitaria adeguata e strumenti formativi specifici. Inoltre, di fronte ai dati allarmanti sulla disoccupazione, che ormai hanno raggiunto livelli record, bisogna trovare delle soluzioni concrete che ridiano fiducia ai nostri giovani. In questo caso, si può favorire il lavoro giovanile e quello femminile con interventi specifici volti a semplificare la burocrazia e a ridurre l’impatto fiscale, andando oltre l’attuale regime dei minimi, per incentivare la crescita di queste microimprese.
5) Considerato il numero attivo di Partite Iva in Italia, sarebbe doveroso che i lavoratori autonomi fossero rappresentati ai tavoli della concertazione tra governo e parti sociali. Qual è la proposta?
Sarebbe auspicabile, oltre che doveroso. È impensabile continuare a lasciare fuori la categoria delle partite IVA dai tavoli della concertazione. Si dovrebbe favorire la costituzione di associazioni di rappresentanza specifiche, volte a certificare i numeri degli iscritti, e per essere portavoce delle istanze specifiche che provengono dalla base. Una delegazione rappresentativa degli ordini professionali deve, quindi, poter sedere al tavolo, come le altre parti sociali.
6) Considerata l’attuale situazione del mercato del lavoro, che praticamente ha bandito le assunzioni a tempo indeterminato, qual è la proposta per valorizzare il lavoro autonomo?
Bisogna creare le condizioni per un inserimento lavorativo provvisto di tutte le ‘istituzioni’ previdenziali e sanitarie, legate naturalmente all’attività svolta, che diano un senso di appartenenza anche a questa categoria. Il lavoro autonomo, quindi, non deve essere visto come mero oggetto per ridurre i costi, ma deve essere considerato per il valore professionale aggiunto.
7) Il lavoro autonomo è un’opportunità da non perdere per il nostro Paese perché viene incontro alle esigenze di modernizzazione delle economie avanzate togliendo le castagne dal fuoco alle aziende pubbliche e private. Di più. Le partite Iva “classiche” sono quelle legate all’artigianato, al piccolo commercio e alla microimpresa. Quelle di nuova generazione sono invece in gran parte legate a professioni intellettuali e sono attive nel marketing, nella moda, nel design, nella comunicazione, nell’informatica, nella consulenza aziendale, nelle specializzazioni di medicina non convenzionale. Qual è la proposta per stimolarne e implementarne le attività?
L’Italia dei Valori non è mai rimasta sorda alle esigenze e alle richieste del mondo del lavoro. Fuori e dentro il Parlamento, ci siamo sempre battuti affinché venissero rispettate le prerogative di tutte le categorie. Siamo fermamente convinti, infatti, che il lavoro debba essere considerato un diritto e non un privilegio. Negli ultimi anni, invece, abbiamo assistito a governi che hanno trattato i lavoratori come bancomat, attaccando i loro diritti e tutelando solo gli interessi della Casta e delle lobby. In questo caso specifico, il lavoro autonomo deve essere scelto per la qualità delle sue prestazioni e non per il minor costo della sua precarietà. Servono investimenti per la formazione specifica dei lavoratori autonomi (fondi interprofessionali) e per le forme di tutela già citate, bisogna favorire la nascita di associazioni di categoria, per dare voce a queste nuove professioni, e incoraggiare processi di aggregazione tra lavoratori autonomi e professionisti. Noi siamo anche favorevoli all’abolizione degli studi di settore.