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La Mia Partita IVA • News • Elezioni 2013 • Bobo Craxi (Psi) risponde alle nostre domande

Bobo Craxi (Psi) risponde alle nostre domande

Elezioni 2013 12 Febbraio 2013

Il 24 e il 25 febbraio saremo chiamati alle urne per le elezioni politiche. La Mia Partita Iva pubblicherà le interviste agli esponenti più rappresentativi dei partiti che si presenteranno agli elettori. Il nostro obiettivo è sapere quali sono le proposte contenute nel loro programma elettorale a favore di noi lavoratori autonomi.
Risponde alle nostre domande Bobo Craxi, del Partito socialista italiano.

 

 

1) Nella stragrande maggioranza dei casi i detentori di partita Iva vivono in assenza di forme di protezione. In particolare sul fronte della disoccupazione (per esempio chi rimane senza lavoro non gode della cassa integrazione) e poi della pensione (per esempio l’imposizione della gestione separata con la legge Fornero passerà nei prossimi anni dall’attuale 27 al 33%). Qual è la proposta per favorire i lavoratori autonomi?

Fino a oggi, molte delle norme applicate al mercato del lavoro hanno cercato di ridurre l’insana abitudine di molte aziende di ‘suggerire’ l’apertura di partita Iva ai propri collaboratori per mascherare rapporti di lavoro subordinato. Si è andati così a colpire anche quei lavoratori autonomi che si guadagnano da vivere fatturando per 1 o 2 aziende al massimo, mentre per gli effetti della crisi economica è già una fortuna avere almeno un committente ‘fisso’. Il mercato, dunque, è cambiato. Di conseguenza, dovrebbero cambiare anche le norme che lo regolano. Il lavoratore autonomo, soprattutto il giovane e molte delle nuove professioni che il mondo stesso dell’istruzione ha generato, andrebbe ripensato in quanto soggetto economico. È chiaro che siamo di fronte a un nuovo tipo di professionista, che lavora in proprio per poter sopravvivere e per costruirsi un progetto di vita (con un reddito dichiarato si può pensare all’acquisto di una casa e a metter su famiglia), ma che difficilmente diventerà ‘azienda’ e, certamente, non può essere tassato come tale. Non a caso, la Banca centrale europea di recente ha formulato un ‘richiamo’ nei confronti del nostro Paese, definendo il nostro sistema fiscale esoso e mal distribuito nel suo carico tributario. Per quel che riguarda la questione della contribuzione previdenziale e pensionistica, io penso che essa dovrebbe trovare vie alternative al sistema pubblico: molti ordini professionali dispongono di enti previdenziali ‘propri’ che hanno dimostrato di funzionare decentemente e che, a fronte dei versamenti richiesti, restituiscono servizi.

 

2) l lavoratori autonomi sono sottoposti a un regime burocratico perverso che sottrae tempo prezioso al loro lavoro. Qual è la proposta per semplificarne la vita?

In un Paese in cui si iscrivono i figli a scuola via internet, dovrebbero essere predisposte un più ampio numero di procedure telematiche che creino un contatto diretto tra cittadino e pubblica amministrazione. Oggi, per aprire una posizione Iva occorre per forza rivolgersi a un commercialista che, contestualmente, apre anche la posizione Inail. Tutto ciò potrebbe farlo direttamente il cittadino. Ed eventuali tasse o bolli potrebbero essere pagati direttamente sul web, alleggerendo di molto i costi di inizio attività. La partita Iva è un numero identificativo. Si potrebbe allora creare una tessera con microchip abbinata al codice fiscale del lavoratore autonomo, così come avviene nella tessera sanitaria: potrebbe servire a ‘tracciare’ gli acquisti negli scontrini fiscali, come già avviene nelle farmacie. La modernizzazione non può essere solo quella delle banche, le quali da una parte chiudono gli sportelli al cliente e, dall’altra, ampliano i servizi via web. D’altronde, già da qualche anno il modello F24 viene compilato e bonificato telematicamente.

 

3) Ogni anno il Fisco chiede al lavoratore autonomo contemporaneamente al pagamento delle tasse anche la previsione del reddito che avrà accumulato nell’anno fiscale. In sostanza paga le tasse ancora prima di avere incassato quanto gli è dovuto, con l’aggravante di non sapere se incasserà davvero. Qual è la proposta per cambiare la situazione?

Il problema di un fisco che chiede in anticipo è una procedura che ci portiamo dietro da qualche decennio. Molti sono gli sprechi, è vero, ma altrettanto grave è la piaga dell’evasione fiscale. Per paradosso, il cittadino virtuoso che dichiara tutto e poi non ce la fa a pagare le tasse viene inseguito da Esatri o Equitalia mentre, al contrario, la fuga di capitali all’estero non viene perseguita (i capitali cosiddetti ‘scudati’ dal Governo Berlusconi hanno avuto una multa ridicola e la garanzia di anonimato). Tutto questo non può più essere possibile: se pagano tutti, potremmo pagare di meno.

 

4) Un recente studio del Politecnico di Milano curato dal professor Ranci denuncia il senso di estraneità dei lavoratori autonomi nei confronti  dello Stato. A questo si accompagna la certezza, da parte dei lavoratori autonomi, di non avere aspettative dallo Stato. Dato per scontato che il popolo delle partite Iva vota (complessivamente sono circa 5 milioni, ma il numero tende a raddoppiare se si considerano i nuclei familiari), qual è la proposta per non farle vivere ai margini dello Stato?

Ogni cittadino prova un senso di estraneità nei confronti dello Stato quando non vede riconosciuti i propri diritti e vede disattese le sue richieste. Sono molte le questioni che non trovano risposta nelle attuali leggi. Ed è evidente che il Paese ha urgenza di risposte concrete, non di slogan demagogici. Non esistono ricette magiche: la situazione è difficile e richiede scelte che vadano verso l’innovazione e la modernizzazione del sistema.

 

5) Considerato il numero attivo di partite Iva in Italia, sarebbe doveroso che i lavoratori autonomi fossero rappresentati ai tavoli della concertazione tra Governo e parti sociali: qual è la vostra proposta?

È evidente che ci troviamo di fronte a un problema di rappresentanza: al tavolo della concertazione per le industrie troviamo Confindustria, per i dipendenti i sindacati, per i commercianti la Confcommercio, per i negozianti la Confesercenti, ma al popolo delle partite Iva non si riconosce né in Confcommercio, né in Confesercenti. Come vede, siamo di fronte a un nuovo cittadino economico: occorre identificarlo anche giuridicamente, affinché si crei un naturale processo di istituzionalizzazione di quella che è una nuova categoria.

 

6) Considerata l’attuale situazione del mercato del lavoro, che praticamente ha bandito le assunzioni a tempo indeterminato, qual è la proposta per valorizzare il lavoro autonomo?

Per dare valore a una cosa, occorre conoscerla. Purtroppo, questa è una grossa lacuna del nostro sistema istruttivo. I nostri giovani, escludendo naturalmente chi studia ragioneria o economia, possiedono una scarsa conoscenza di diritto amministrativo e, al termine del loro percorso scolastico, approdano a un mercato del lavoro che non conoscono se non ‘per sentito dire’. Perché, allora, non creare dei piccoli corsi extrascolastici (magari con crediti formativi) che spieghino la differenza fra lavoro dipendente e lavoro autonomo o come tramutare un’idea in un’impresa? Potrebbe aiutare le generazioni future a non trovarsi allo sbaraglio nel mondo del lavoro.

 

7) Il lavoro autonomo è un’opportunità da non perdere per il nostro Paese perché viene incontro alle esigenze di modernizzazione delle economie avanzate, togliendo le castagne dal fuoco alle aziende pubbliche e private. Di più: le partite Iva ‘classiche’ sono quelle legate all’artigianato, al piccolo commercio e alla microimpresa, quelle di nuova generazione sono invece in gran parte legate a professioni intellettuali e sono attive nel marketing, nella moda, nel design, nella comunicazione, nell’informatica, nella consulenza aziendale, nelle specializzazioni di medicina non convenzionale. Qual è la proposta per stimolarne e implementarne le attività?

Le nuove professioni di oggi nascono anche dai percorsi scolastici e formativi istituiti negli ultimi anni i quali, tuttavia, non rilasciano attestati di qualifica ben precisi, come invece facevano gli istituti professionali di un tempo. Come vede, torniamo sempre lì: non si può ragionare per ‘compartimenti stagni’. Occorre fornire all’adolescente di oggi gli strumenti culturali (e non solo nozionistici) adeguati per diventare il cittadino e il lavoratore di domani.

 

Leggi la nostra pagella all’intervista

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