La politica deve dirci cosa farà per noi partite Iva

Il 24 febbraio andremo a votare. Certo, guardando quello che passa il convento della politica in questi giorni, pensare di avere sussulti di libidine per mettere una croce su un simbolo è davvero dura.
L’assaggio di quello che ci toccherà ascoltare nei prossimi 20 giorni di campagna elettorale lo abbiamo già avuto con le primarie del Pd: tasse, sanità, debito pubblico, lavoro, pensioni. Parole, parole, parole. Sublimate da un impareggiabile excusatio non petita: “Noi non raccontiamo mica favole”.
Ma a noi milioni di lavoratori autonomi le favole non piacciono. Non le amiamo. Siamo abituati a far di conto. Siamo in trincea ogni giorno. Combattiamo con il fisco, la burocrazia, le amministrazioni, i clienti, i fornitori, il mercato.
Ecco, per esempio, ci sarebbe piaciuto che i 5 candidati alle primarie del Pd avessero speso, mica tanto, ma una parola per noi. Invece, zero su tutta la linea. Accodati e allineati sulle posizioni dei colleghi degli altri partiti.
Allora, se il buongiorno si vede dal mattino c’è poco da stare allegri. Quindi non resta che giocare d’anticipo e chiedere a tutte alle forze che si presenteranno al voto poche cose. E proprio perché sono poche, ci attendiamo risposte precise e inequivocabili.
Primo
Nella stragrande maggioranza dei casi i detentori di partita Iva vivono in assenza di forme di protezione. In particolare sul fronte della disoccupazione (per esempio chi rimane senza lavoro non gode della cassa integrazione) e poi della pensione (per esempio l’imposizione della gestione separata con la legge Fornero passerà nei prossimi anni dall’attuale 27 al 33%). Qual è la proposta per favorire i lavoratori autonomi?
Secondo
l lavoratori autonomi sono sottoposti a un regime burocratico perverso che sottrae tempo prezioso al loro lavoro. Qual è la proposta per semplificargli la vita?
Terzo
Ogni anno il Fisco chiede al lavoratore autonomo contemporaneamente al pagamento delle tasse anche la previsione del reddito che avrà accumulato nell’anno fiscale. In sostanza paga le tasse ancora prima di avere incassato quanto gli è dovuto, con l’aggravante di non sapere se incasserà davvero. Qual è la proposta per cambiare la situazione?
Quarto
Un recente studio del Politecnico di Milano curato dal professor Ranci denuncia il senso di estraneità dei lavoratori autonomi nei confronti dello Stato. A questo si accompagna la certezza, da parte dei lavoratori autonomi, di non avere aspettative dallo Stato. Dato per scontato che il popolo delle partite Iva vota (complessivamente sono circa 5 milioni, ma il numero tende a raddoppiare se si considerano i nuclei familiari), qual è la proposta per non farle vivere ai margini dello Stato?
Quinto
Considerato il numero attivo di Partite Iva in Italia, sarebbe doveroso che i lavoratori autonomi fossero rappresentati ai tavoli della concertazione tra governo e parti sociali. Qual è la proposta?
Sesto
Considerata l’attuale situazione del mercato del lavoro, che praticamente ha bandito le assunzioni a tempo indeterminato, qual è la proposta per valorizzare il lavoro autonomo?
Settimo
Il lavoro autonomo è un’opportunità da non perdere per il nostro Paese perché viene incontro alle esigenze di modernizzazione delle economie avanzate togliendo le castagne dal fuoco alle aziende pubbliche e private. Di più. Le partite Iva “classiche” sono quelle legate all’artigianato, al piccolo commercio e alla microimpresa. Quelle di nuova generazione sono invece in gran parte legate a professioni intellettuali e sono attive nel marketing, nella moda, nel design, nella comunicazione, nell’informatica, nella consulenza aziendale, nelle specializzazioni di medicina non convenzionale. Qual è la proposta per stimolarne e implementarne le attività?
Ecco, non ci vuole molto. Riflettere, proporre e agire. Questo si aspetta il mondo del lavoro autonomo stufo di essere munto e sbertucciato. In questi giorni faremo arrivare la nostra voce, chiara e forte, nelle sedi dei partiti. Non molleremo l’osso fino a che non riceveremo risposte. Resta inteso che tutto sarà pubblicato. Nel bene per chi risponde, nel male per chi si nasconderà. Va da se che prima di mettere una croce sulla scheda elettorale vogliamo sapere che cosa ci aspetta. E se non saremo soddisfatti, allora la croce la metteremo, ma sulla politica.