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Quando il cliente non paga, cosa fare per non anticipare le tasse

Fatture 8 Febbraio 2013 Mario Nicoliello

Oltre al danno anche la beffa. Se il cliente infatti non ci paga, noi siamo costretti comunque a versare l’Iva il mese dopo la spedizione della fattura e a pagare a fine anno l’Irpef sull’importo fatturato. In questi casi perciò al danno del mancato incasso si aggiunge la beffa di dover pagare le imposte su un importo che in realtà non è mai diventato liquido.

Cosa possiamo fare per evitare questo circuito vizioso? Cerchiamo di scoprirlo.

 

Il versamento dell’Irpef

Cominciamo dal pagamento dell’Irpef. Se siamo imprenditori individuali (vale a dire se siamo artigiani o commercianti) siamo costretti a pagare le tasse sui ricavi che abbiamo fatturato e quindi anche se non abbiamo incassato la fattura dovremo pagare l’Irpef sul compenso dichiarato. Se invece siamo lavoratori autonomi (quindi non siamo né artigiani, né commercianti) pagheremo invece l’Irpef soltanto sui compensi incassati.

In quest’ultimo caso non subiremo la beffa di dover pagare le tasse su un importo mai entrato nelle nostre tasche, mentre nel primo caso se abbiamo fatturato non possiamo non dichiarare il compenso.

Di conseguenza, l’unico modo per evitare di dover pagare l’Irpef è stornare la fattura, ossia emettere una nota di credito per l’importo corrispondente. Così facendo automaticamente annulliamo il ricavo in precedenza registrato ed evitiamo di dover pagare l’Irpef in anticipo. È ovvio però che in questo modo non avremo più titoli per chiedere al cliente il pagamento del servizio effettuato. Si tratta quindi di una strada da percorrere soltanto quando siamo certi che il cliente non ci pagherà più e quando non vogliamo intraprendere le vie legali, perché riteniamo che i costi siano superiori a quanto porteremo a casa alla fine della lunga trafila.

 

Il versamento dell’Iva

Passiamo adesso al versamento dell’Iva. È chiaro che emettendo la nota di credito andremo a stornare anche l’imposta e quindi non saremo costretti a dover anticipare l’Iva.

Nei casi in cui non sia però possibile o conveniente stornare la fattura (per esempio quando riteniamo che il cliente ci paghi, sebbene con ritardo) possiamo seguire un’altra strada.

Lo scorso dicembre è entrato infatti in vigore il nuovo meccanismo dell’Iva per cassa, il sistema che ci consente di versare l’Iva allo Stato solo dopo che i nostri clienti ci avranno pagato. Sulla carta, se decidiamo di seguire queste nuove regole potremo stare tranquilli, nel senso che se il cliente non ci paga non siamo obbligati ad anticipare l’Iva.

Attenzione: se decidiamo di intraprendere questo percorso dovremo applicare il meccanismo dell’Iva per cassa su tutte le fatture emesse ai titolari di partita Iva (l’Iva per cassa non si può utilizzare se il cliente è un privato) ed analogamente potremo detrarre l’imposta solo sulle fatture passive che noi abbiamo pagato.

Il problema sorge però se i tempi di pagamento superano i dodici mesi. Infatti la norma ha previsto che, indipendentemente dall’avvenuto incasso, l’Iva va comunque versata entro un anno dalla vendita o dalla prestazione del servizio.

Ciò significa che se, per esempio, il nostro cliente ci paga dopo sedici mesi, saremo costretti comunque ad anticipare l’Iva. Pertanto la scelta dell’Iva per cassa non ci porta alcun beneficio.

E se il cliente non ci paga perché è fallito? In questo caso non siamo tenuti a versare l’Iva neanche se è trascorso un anno dalla vendita o dalla prestazione del servizio. La norma infatti ha previsto che il limite massimo dei dodici mesi non si applica se il cliente èfallito oppure è stato coinvolto in qualche procedura concorsuale (concordato preventivo, amministrazione straordinaria, ecc.).

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