Ritardi nei pagamenti, quando lo Stato è il cliente peggiore
Sembrava che dopo l’adozione della Direttiva europea che impone a tutte le pubbliche amministrazioni pagamenti entro 30 giorni, molte partite Iva avessero potuto godere di una boccata d’ossigeno. Sono tanti quelli di noi che, a vario titolo, collaborano professionalmente con strutture pubbliche. Proprio quelle che, quando si tratta di saldare i conti, rimandano sempre tutto alle calende greche. Tempi di attesa che possono superare anche 300 giorni, fanno dell’Italia un caso unico in Europa. Ovviamente in senso negativo. Quando su espressa richiesta dell’Unione europea, anche l’Italia si è dovuta adeguare stabilendo per gli uffici statali un massimo di 30 giorni per onorare i pagamenti, sembrava che le cose potessero finalmente cambiare. Ma in realtà, come spesso accade, da qualche parte c’era il trucco.
Deroghe
La fregatura, perché di questo si tratta, sta in quelle che tecnicamente si chiamano deroghe. Ossia, un altro modo per dire che la legge stabilisce una cosa, però per qualcuno questa stessa cosa non vale. Nel caso specifico si è deciso che per il servizio sanitario e per tutte le attività pubbliche in generale legate al mondo della salute, il tetto massimo di 30 giorni non dovesse valere. Per queste strutture si è fatta come detto un’eccezione, e i tempi di pagamento sono stati allungati a 60 giorni e oltre. Eppure, è inutile che ci giriamo intorno, le attività legate alla sanità, soprattutto a livello regionale, rappresentano quelle che sviluppano il giro d’affari più esteso. Il bilancio di una Regione spesso viene assorbito per più del 60% proprio da spese legate alla salute. Stabilire dunque che proprio per questo comparto non valeva la regola dei 30 giorni era un po’ come svuotare di molto il senso della norma appena introdotta.
Il richiamo della Ue
A nulla sono serviti però fin dall’inizio gli appelli, soprattutto delle piccole aziende e dei liberi professionisti, i più colpiti da queste deroghe, a rivedere le norme adottate. Ci è voluto allora l’intervento diretto dell’Unione europea che senza tanti fronzoli ha rilevato che nella nostra nuova disciplina sui pagamenti esisterebbero delle ambiguità. In effetti a livello europeo si era stabilito che per alcuni contratti all’interno del settore sanitario si potessero applicare delle deroghe, proprio perché si tratta di una materia molto delicata. Come al solito però, ci hanno dato un dito, e i nostri legislatori hanno pensato bene di prendersi tutta la mano, visto che queste speciali deroghe sono state applicate in maniera generalizzata a tutto il sistema sanitario.
Occhio alla multa
Per questo l’Italia è stata pesantemente richiamata all’ordine. Dovrà infatti rivedere le norme stabilite, annullando le deroghe che non trovano riscontro con le direttive europee. Tra l’altro è stato già annunciato che se questo non avverrà, Bruxelles potrebbe attivare una procedura d’infrazione, che potrebbe costarci una pesante multa. E nell’occasione di questa revisione, il Parlamento italiano dovrà anche risolvere il problema degli arretrati. La nuova normativa che stabilisce i 30 giorni di tempo massimo per il pagamento delle fatture infatti, varrà per il futuro. Ma nel nostro Paese esiste un pregresso mostruoso, dell’ordine di decine di miliardi che prima possibile dovrebbe essere saldato. Una questione di pressante urgenza che investirà il prossimo governo. Anche perché, i soldi per saldare questi debiti, potrebbero ridare ossigeno a migliaia di piccole aziende e a tanti lavoratori autonomi, innescando un elemento favorevole per la ripresa economica.