Arriva la Service tax, prepariamoci ad aprire il portafogli

Tasse che vanno, tasse che vengono. Per un’Imu sulla prima casa che ci lascia definitivamente, da gennaio 2014 dovremo fare i conti con la nuova Service tax. Si tratta dell’imposta locale all’interno della quale il governo vuole accorpare tanto la vecchia tassa sui rifiuti che quella sugli immobili e sui servizi. Insomma un nuovo pesante balzello che dentro di sé accorperà Tares e Imu, con tutto quello che ne conseguirà. I dettagli di questo nuovo mostro fiscale verranno definiti entro il 15 ottobre, data ultima che il governo si è dato per fare chiarezza definitiva sulla nuova tassazione locale. Nel frattempo, tutta una serie di dettagli sono stati già preannunciati e permettono fin d’ora di capire come sarà questa nuova imposta.
Tutto in mano ai Comuni
Innanzitutto, l’intera gestione delle nuove imposte locali sarà decisa dai singoli Comuni. Questi potranno scegliere le aliquote da applicare (con un tetto massimo stabilito dal governo) e le eventuali soglie di esenzione. Fin d’ora è chiaro che i cittadini residenti in Comuni virtuosi potranno sperare in una futura pressione fiscale locale più contenuta. Tutti quelli che invece abitano in città in perenne stato di dissesto finanziario (e sono molte) dovranno abituarsi all’idea di vedere le proprie tasse locali crescere in misura consistente. L’unico aspetto positivo di questo meccanismo sarà che a livello elettorale un sindaco potrà essere giudicato in maniera molto immediata, proprio in base ai risultati economici che avrà ottenuto e alla pressione fiscale che sarà stato in grado di offrire ai propri cittadini.
I rifiuti, ovvero la parte detta Tari
La nuova tassa, quella che al momento come detto si definisce genericamente Service tax, sarà costituita da due componenti. La prima, detta Tari, sarà dovuta da chi occupa, a qualunque titolo, locali o aree suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sostituirà dunque a tutti gli effetti la Tares, la tassa introdotta per lo smaltimento e la gestione dell’immondizia. Nel caso di abitazioni private, sarà l’occupante, proprietario o affittuario, a doversi accollare il suo intero onere. Le aliquote, commisurate alla superficie, saranno definite dal Comune, come detto, con ampia flessibilità. Non è stato ancora precisato, cosa che avverrà il 15 ottobre, se la superficie presa in considerazione sarà quella calpestabile o quella catastale. A questo proposito è bene ricordare che per la Tares, la superficie assoggettabile a tassazione, è quella calpestabile fino a quando non saranno definiti i nuovi indici catastali. Al quel punto la superficie tassabile dovrebbe essere l’80% di quella catastale. Vedremo se il governo intenderà confermare lo stesso percorso.
Servizi indivisibili, ovvero la Tasi
La seconda componente servirà a sostenere le spese comunali per la gestione dei cosiddetti servizi indivisibili. Si va dalla manutenzione delle strade, all’illuminazione pubblica fino alla cura dei parchi verdi. Il presidente del Consiglio Enrico Letta ha spiegato il significato della Tasi, paragonandola alle spese condominiali. Così come queste ultime sono a carico di tutti i condomini e servono per pagare le spese comuni, così “la stessa cosa vale per un’abitazione all’interno del quartiere” ha sottolineato il premier. In questo caso il pagamento dell’imposta sarà in parte a carico del proprietario, in quanto i beni e i servizi pubblici locali concorrono a determinare il valore commerciale dell’immobile, e in parte in quota all’eventuale affittuario che fruisce effettivamente dei beni e dei servizi suddetti. Per quanto riguarda poi il modello di tassazione, in questo secondo caso sarà data facoltà al Comune di scegliere come base imponibile la superficie calpestabile o la rendita catastale.