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Cade il Governo, tutto il Fisco che non vedremo

Agenzia delle Entrate 10 Dicembre 2012

Il Governo Monti, dal punto di vista fiscale, è stato solo quello dell’Imu e delle entrate tributarie in aumento del 4,4% nel 2012 malgrado il probabile calo del prodotto interno lordo (il Pil, la ricchezza prodotta dal paese) di alcuni punti percentuali? In realtà diverse cose erano sul punto di cambiare nel fisco italiano con la delega fiscale che il  Governo aveva ottenuto dai due rami del parlamento. Una riforma annunciata che molto probabilmente, con la crisi di  Governo, non vedrà mai la luce. Con alcuni effetti anche molto negativi per i contribuenti. Quali sono i provvedimenti che rischiano di scomparire o di venire comunque rimandati a dopo le elezioni?

 

Regola anti “cartelle pazze”

Oggi se un contribuente riceve un avviso di pagamento, una multa o una cartella esattoriale dall’Agenzia delle entrate, da Equitalia o da un’altra amministrazione pubblica (o società di esazione) ha 60 giorni per fare ricorso attraverso il commercialista o il Caf di solito davanti alla Commissione tributaria provinciale. Ma fare ricorso conviene? Spesso i commercialisti consigliano di pagare anche se la pretesa è chiaramente ingiusta perché costa meno che ricorrere. Con la regola contenuta nella delega fiscale il contribuente avrebbe potuto fare opposizione anche da solo (senza commercialista) entro 90 giorni, scrivendo una raccomandata (o mandando un’e-mail attraverso la Pec) all’amministrazione che gli chiede di pagare e spiegando perché secondo lui il pagamento non è dovuto. Per esempio – è il caso più semplice – perché ha già pagato, allegando copia della ricevuta di pagamento. Se l’amministrazione non avesse risposto entro 220 giorni, sarebbe scattato il “silenzio assenso”, la cartella avrebbe perso efficacia e il contribuente sarebbe stato tranquillo di non dover pagare nulla. Questa era, ovviamente, la norma più attesa dai cittadini. E può darsi che venga ripescata proprio perché ha un alto “potenziale di consenso”. A questo punto, però, dopo le elezioni, dunque non prima dell’estate. Tuttavia va anche va sottolineato che si tratterebbe sì di un enorme passo in avanti nei rapporti fra fisco e tartassati ma con un’insidia nascosta. Infatti la norma non diceva che il fisco vuole smetterla di tormentare i contribuenti con cartelle pazze e che in futuro starà più attento. Avrebbe semplificato (e molto) le operazioni di “disinnesco” delle cartelle, ma sulla disinvoltura su cui queste vengono emesse non aveva speso una parola.

Le altre norme che decadono con la delega fiscale

Caduto il  Governo Monti sono a rischio (e comunque rimandate a dopo le elezioni, dunque al  Governo che verrà) anche altre novità fiscali molto importanti.

Iri (Imposta redditi imprenditoriali). Era la novità più importante per le partite Iva. Avrebbe dovuto sostituire l’Ires, cioè la tassa sui redditi d’impresa, ma con applicazione anche agli artigiani, ai commercianti e ai professionisti che oggi pagano la sola Irpef (imposta dei redditi sulle persone fisiche). Ne avrebbero dovuto essere esclusi invece quanti fossero rientrati in un “reddito minimo” ancora da definire. Che cosa sarebbe cambiato? Oggi tutto quello che il professionista o l’autonomo (se non ha dipendenti) guadagna, meno le deduzioni, viene tassato in base a cinque aliquote diverse secondo gli scaglioni di reddito dal 23% (fino a 15 mila euro) al 43% (sopra i 75 mila). Con l’Iri anche le persone che hanno un’attività in proprio avrebbero pagato una tassa sul reddito di impresa basata sui ricavi netti (quanto si incassa meno le spese) con un’aliquota unica al 27,5%. Tutto quello che fosse stato reinvestito nell’impresa non sarebbe stato ulteriormente tassato. Quello che invece fosse stato distribuito come “dividendo” (cioè i soldi che l’autonomo alla fine avrebbe portato a casa e usato per vivere insieme alla sua famiglia) avrebbe scontato o l’Irpef a scaglioni o un’imposta cedolare come quella sulle rendite finanziarie: 20% per tutti. Come si capisce una differenza non di poco conto che doveva essere ancora “messa a punto”. Certamente questo sistema avrebbe salvaguardato e semplificato deduzioni e detrazioni per chi lavora in proprio. C’è però un forte dubbio: oggi gli autonomi che non hanno dipendenti non pagano l’Irap (Imposta regionale sulle attività produttive), la tassa più odiata dalle società. Ma se domani dovessero pagare l’imposta principale (l’Iri, appunto) come le società, questo sarebbe ancora vero?

Detraibilità di scontrini e ricevute

È il cosiddetto “contrasto fiscale”: se tutti potessero scaricare le ricevute di artigiani, commercianti, professionisti i cittadini sarebbero incentivati a chiederle e dovrebbe diminuire l’evasione. Ma ci sono molti dubbi perché i problemi che comporta un sistema simile sono enormi. Il primo, che il  Governo aveva posto con forza, è che in realtà il gettito fiscale (cioè quanto incassa lo stato con le tasse) avrebbe rischiato di calare, perché il recupero di quanto oggi verrebbe evaso è molto incerto mentre l’aumento delle detrazioni su quanto oggi il fisco incassa senza problemi è invece certissimo. Il sistema rischia anche di diventare un ulteriore incubo burocratico per il contribuente che dovrebbe raccogliere e conservare tutti gli scontrini e le fatture per cinque anni. Se ne parlerà di certo, ma probabilmente non è qualcosa che vedremo presto.

 

Agevolazioni fiscali

Rate del mutuo sulla prima casa, polizze di assicurazione sulla vita, contributi versati per i lavoratori domestici, detrazioni per figli a carico, spese per le ristrutturazioni edilizie, eccetera. Sono parecchie decine, oggi, le voci che possono portare il contribuente a pagare (un po’) meno Irpef. Il  Governo Monti voleva una semplificazione e una diminuzione (inizialmente doveva essere a fronte di un minor peso dell’Irpef, poi l’ipotesi era scomparsa). Che cosa sarebbe rimasto delle agevolazioni che ci sono oggi? Non si sa, ma che si andasse verso una stretta era molto probabile, soprattutto per fare spazio al contrasto fiscale e a un riordino delle spese di produzione lavoro con l’introduzione dell’Iri.

 

Rateazioni per le imprese

Nel testo del disegno di legge previsto in base alla delega fiscale c’era anche la possibilità per le aziende (e per i professionisti, se equiparati con l’Iri) di pagare a rate tasse e contributi arretrati se dimostrano di essere in crisi. Una boccata d’ossigeno che non arriverà in assenza di riforma e di  Governo.

Catasto

Quello che è stato più volte dichiarato è che la riforma non avrebbe dovuto comportare un aggravio delle tasse di possesso (cioè dell’Imu). Ma i valori catastali degli immobili dovrebbero cambiare per essere più “vicini” a quelli di mercato. Un obbiettivo che il fisco si propone di raggiungere da almeno 60 anni, forse oggi leggermente meno campato in aria viste le possibilità offerte dai computer e dalla rete. Ma che rimane basato su un’idea bizzarra: come fa a rimanere uguale la tassa da pagare (l’Imu) se aumentano i valori su cui viene calcolata? E quale sarà l’impatto sul valore legale delle case di tutte le sempre più complicate regole a cui è sottoposto il loro possesso, come la “classe energetica” (obbligatoria per chi deve affittare o vendere), la prossima “classe acustica” (la sua introduzione, in base a una legge europea, è prevista entro il 2015) e al fatto che il mercato immobiliare oggi è sostanzialmente fermo? Di sicuro avrebbero dovuto aumentare ancora i valori catastali degli appartamenti in città, diminuire quelli delle case nei piccoli centri o in campagna. Probabilmente sarà uno dei punti della riforma più complicati da recuperare e da risolvere dopo le elezioni.

 

Accorpamento agenzie fiscali

Il  Governo avrebbe voluto fondere la agenzia delle entrate, del territorio (i catasti), dei monopoli e delle dogane creando un’unica “superagenzia” fiscale, approfittando dell’occasione per accorpare anche le sedi locali (provinciali) secondo la nuova divisione che prevedeva la fusione di molte delle province oggi esistenti. Oltre al fatto che anche l’accorpamento delle provincie, con la caduta del  Governo, molto probabilmente salterà, c’è da chiedersi se al cittadino converrebbe avere a che fare con un “superfisco” ancora più grosso e lontano?

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