Cartelle pazze, ecco come difenderci da Equitalia

In attesa che si chiarisca sempre più la questione riguardante il redditometro, che a dire il vero si fa sempre più intricata, è bene cominciare a prendere dimestichezza con le novità fiscali che invece appaiono già definite. Se infatti è di ieri l’annuncio che l’Agenzia delle entrate ha in programma di emettere una nuova circolare entro marzo per spiegare ancora più in dettaglio come funzionerà il nuovo redditometro (e noi saremo pronti a seguire tutti gli sviluppi), fin d’ora è invece chiaro come comportarsi in presenza di quello che per noi contribuenti rappresenta un vero incubo: le cartelle pazze. Stiamo parlando ovviamente di tutti quelle richieste di pagamento che giungono da Equitalia e che per ragioni diverse risultano non più valide. Un grattacapo non da poco e che in passato ha dato luogo spesso a controversie fiscali interminabili.
Niente giudice
La prima vera novità sul fronte delle cartelle pazze è legata al fatto che d’ora in poi in presenza di una richiesta di pagamento palesemente ingiusta, ossia se riceviamo una cartella pazza, non dovremo più fare ricorso a un giudice per vederci riconosciuto il diritto a non pagare. Addio dunque a lunghe trafile giudiziarie che spesso, considerando i tempi biblici della nostra giustizia amministrativa, potevano durare anche molti anni. Basterà invece inviare una richiesta direttamente all’ente di riscossione che ci ha inviato la notifica. Il caso più emblematico e anche più diffuso è quello di Equitalia, agenzia particolarmente attiva nell’inseguire i propri creditori. Ebbene, se in futuro dovessimo avere tra le mani un pagamento richiesto da Equitalia e non più valido, potremo far valere direttamente le nostre ragioni presso la sede più vicina, nella maniera che spiegheremo più avanti.
Come si riconosce una cartella pazza
Ovviamente, prima di iniziare la procedura per veder riconosciuto il nostro diritto a non saldare una notifica, dobbiamo avere la certezza che siamo in presenza di una richiesta palesemente ingiusta, ossia che abbiamo ricevuto una cosiddetta cartella pazza. Vale la pena ricordare allora che i motivi per cui possiamo chiedere l’annullamento di un certo pagamento sono:
- quando il diritto di credito è andato in prescrizione
- quando il diritto di credito è decaduto
- quando abbiamo ottenuto un provvedimento di sgravio dall’ente titolare del credito (ad esempio da un Comune o dall’Inps)
- quando un provvedimento amministrativo ha sospeso l’efficacia stessa della cartella in questione
- quando la sentenza di un giudice ha annullato la cartella pazza
- quando in effetti sappiamo di aver già provveduto al pagamento della cartella in oggetto
Come farsi annullare una cartella pazza
Il primo passo per vedersi riconosciuto il diritto all’annullamento di una notifica di pagamento ingiusta, è quello di inoltrare una richiesta a Equitalia (o a un eventuale altro ente di riscossione) entro 90 giorni dal ricevimento della cartella pazza. Nella richiesta che invieremo, che sarà sempre bene spedire via raccomandata con ricevuta di ritorno, dovremo ovviamente allegare le prove materiali che secondo noi dimostrano la nullità della notifica ricevuta. A questo punto si tratterà di aspettare l’esito della raccomandata. Entro dieci giorni dal ricevimento della nostra richiesta infatti, Equitalia invia la pratica all’ente creditore, che potrà essere l’Inps, l’Inail oppure il Comando di una polizia municipale nel caso per esempio di una contravvenzione. A questo punto il soggetto creditore dovrà comunicare entro 60 giorni, tanto a Equitalia quanto al contribuente che ha fatto la richiesta, la sua decision. Il tutto sempre via raccomandata o attraverso la Posta elettronica certificata, la cosiddetta Pec. Se la richiesta viene accolta invierà un cosiddetto provvedimento di sgravio al cittadino, se invece non accetta le nostre spiegazioni e intende proseguire comunque nella procedura, comunicherà a Equitalia di avviare un’azione esecutiva. In questa fase scatta però un’altra novità fondamentale, che per una volta tende a favorire noi contribuenti. Se infatti l’ente creditore non darà una qualsiasi risposta entro 220 giorni, si applicherà il meccanismo del silenzio-assenso, ossia la nostra richiesta verrà considerata accettata e la cartella pazza verrà d’ufficio automaticamente annullata. Insomma, toccherà come detto aspettare, e sperare che le prove da noi fornite siano convincenti. In ogni caso varrà sempre la pena tentare.