Contratto d’opera, come dobbiamo farlo

La forma contrattuale tipica con la quale lavora una partita Iva è il contratto d’opera, disciplinato dall’articolo 2222 del Codice civile: è questo il contratto di lavoro che solitamente stipuliamo con un cliente. Tramite tale tipo di accordo ci impegniamo formalmente a realizzare, prevalentemente con l’apporto del nostro lavoro, un’opera o un servizio in cambio del compenso pattuito. È un’attività che svolgiamo in assoluta autonomia e che non prevede nessun vincolo di subordinazione. Questi sono, appunto, i due aspetti fondamentali del contratto d’opera che si stipula tra titolari di partita Iva: l’apporto prevalente del nostro lavoro e l’autonomia. Ed è l’aspetto principale che ci distingue rispetto a un’attività d’impresa, in cui il lavoro è organizzato prevalentemente con l’apporto di collaboratori e organizzando tutti i mezzi necessari per il suo compimento. È utile ricordare, tuttavia, che, nel momento in cui si accetta un lavoro da un committente, la forma scritta del contratto d’opera non è obbligatoria, ma è consigliata.
I contenuti del contratto d’opera
Primo passo: una descrizione dettagliata dell’opera o del servizio che andremo a realizzare per il nostro cliente. Inoltre, devono essere indicati gli eventuali materiali e mezzi necessari per la progettazione, così come i tempi, sia di consegna del lavoro sia di pagamento.
È poi sempre utile segnalare la data di sottoscrizione del contratto oltre alle modalità di recesso dallo stesso. Infine, il contratto deve specificare il compenso che è stato concordato e le modalità di pagamento.
Per evitare di finire in tribunale o di andare incontro a contestazioni varie, è necessario che gli accordi contrattuali siano scrupolosamente rispettati.
L’incasso del compenso economico
Il contratto d’opera è molto importante anche ai fini del pagamento del lavoro svolto. La forma scritta dell’accordo di lavoro – in cui sono indicati i termini di liquidazione dello stesso – consente di esigere formalmente il pagamento dei nostri compensi. La legge, infatti, stabilisce che le condizioni di pagamento di un lavoro sono quelle fissate nel contratto. Proprio per non avere brutte sorprese, anche e soprattutto da questo punto di vista, è utile sottoscrivere il contratto d’opera. Nella malaugurata ipotesi di contestazioni sul pagamento del lavoro svolto, il contratto fa fede e costituisce la prova di quanto ci spetta.
La prova dell’avvenuto pagamento
Un altro aspetto importante, anche per ragioni fiscali, è la prova dell’avvenuto pagamento. Fino ad alcuni anni fa eravamo obbligati a ricevere i pagamenti con documenti tracciabili, assegni non trasferibili e bonifici, facendo transitare tutto su un conto corrente. Nel 2008 quest’obbligo è stato abolito dando maggiore libertà alle operazioni in contanti, fermo restando l’obbligo di dover provare sempre la natura dei propri guadagni in caso di accertamento da parte del Fisco e della Guardia di Finanza. Tuttavia, il Decreto Monti dello scorso dicembre ha ristretto ulteriormente le possibilità di operazioni in contanti, introducendo il limite di 1.000 euro. Superata questa somma, i pagamenti devono essere tutti tracciabili. L’obiettivo è la lotta al riciclaggio di denaro sporco, oltre che all’evasione fiscale. È buona regola, quindi, utilizzare sempre forme di pagamento tracciabili come assegni, bonifici, carte di credito e Bancomat.
Partite Iva iscritte a un Albo professionale
I compensi delle partite Iva iscritte a un Albo professionale – come quelli degli architetti o degli ingegneri, tanto per fare un esempio – seguivano regole particolari e definite dagli Ordini o Albi di appartenenza. Fino a pochi mesi fa, infatti, i compensi degli appartenenti a un Albo professionale erano stabiliti in base a precisi tariffari e a questi bisognava attenersi. Dopo il decreto sulle liberalizzazioni dello scorso gennaio 2012, che ha stabilito l’abrogazione dei tariffari, la definizione dei compensi segue le regole del mercato e della concorrenza anche per chi è iscritto a un Albo.