Economia sommersa, tasse e crisi: 333 miliardi in fumo

Molto, troppo spesso in economia si tende a confondere le malattie con i sintomi. È quello che accade abitualmente quando si parla in Italia di nero e più in generale di economia sommersa. Si evidenzia questo come fenomeno deleterio in se stesso e si invocano periodicamente interventi per stroncare quello che appunto viene definito una sorta di cancro della nostra economia. Il tutto dimenticando che spesso questo fenomeno è il frutto di condizioni di una pressione fiscale insopportabile che spinge anche onesti cittadini a nascondere parte dei propri introiti al Fisco. Non siamo qui in nessun modo a giustificare questo comportamento, ma è opportuno sottolineare che un governo che volesse davvero affrontare il problema dell’economia sommersa in Italia dovrebbe davvero prendere atto di quali siano gli ostacoli materiali che impediscono a tanti cittadini di questo Paese di vivere e lavorare alla luce del sole. Considerazioni che diventano tanto più significative di fronte ai numeri di una ricerca che fotografano la realtà delle economie sommerse in Europa, e che purtroppo vedono l’Italia sempre nelle prime posizioni.
Sommerso oltre un quinto del Pil
Secondo una ricerca di Visa, la società di carte di credito, risulta che in Italia il valore dell’economia sommersa è stimata per il 2013 in qualcosa come 333 miliardi di euro: il 21% del Pil. Un valore abnorme. E a nulla vale la piccola consolazione che nel 2012 eravamo attestati a quota 338 miliardi. Numeri ancora più significativi se si pensa che ci pongono al top in una sorta di classifica negativa delle economie sommerse. L’Italia figura al terzo posto in Europa dopo Turchia (27% del Pil) e Grecia (24% del Pil). Un discorso a parte per l’Europa orientale, dove evidentemente l’economia di mercato stenta ancora a trovare la giusta accettazione. Si registra così un 31% di economia sommersa in Bulgaria e un 28% in Croazia, Lituania ed Estonia. Gli altri big del Vecchio Continente, purtroppo per noi, sono invece su valori decisamente più modesti: la Francia è al 10% , la Germania al 13%, e poi Svezia e Norvegia sono al 14% e il Belgio al 16%. I Paesi più virtuosi sono la Svizzera con il 7%, l’Austria con l’8% e il Regno Unito con il 10%.
Paese | % sommerso su Pil |
Svizzera | 7% |
Austria | 8% |
Francia | 10% |
Regno Unito | 10% |
Germania | 13% |
Svezia | 14% |
Norvegia | 14% |
Belgio | 16% |
Italia | 21% |
Grecia | 24% |
Turchia | 27% |
Croazia | 28% |
Lituania | 28% |
Estonia | 28% |
Bulgaria | 31% |
Economia sommersa in percentuale sul Pil. Anno 2013. Fonte: Visa
Le ragioni del nero
La ricerca oltre a fornire le cifre sopra elencate, chiarendo che complessivamente nel 2013 l’economia sommersa in Europa raggiungerà il valore di 2.100 miliardi di euro, corrispondenti al 18,5% dell’attività economica europea, fornisce anche spiegazioni sul diffondersi del fenomeno. Al primo posto c’è la crisi economica. Nonostante molti Paesi abbiano deciso di applicare misure molto più stringenti nella lotta al sommerso, proprio per recuperare risorse maggiori da investire nella crescita e nella ripresa, lo stato di difficoltà di molte famiglie è tale da far resistere ampie sacche di attività in nero. D’altronde, in tempi di recessione, disoccupazione in aumento, capacità d’acquisto ridotta e timori sul futuro, il rischio che molti più persone siano più inclini ad attività sommerse è un dato innegabile. Per quanto riguarda l’Italia poi, se a tutto questo, che già da solo basterebbe a spiegare la vastità del fenomeno del nero, si aggiunge la citata pressione fiscale insostenibile, che spesso diventa anzi un’oppressione fiscale, diventa chiaro come sostenere una lotta seria al sommerso in Italia sia una sfida quanto mai ardua. Speriamo comunque che qualcuno voglia decidere finalmente di intraprenderla, cominciando con il diminuire le tasse.