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Equitalia gli mette la casa all’asta e lui la denuncia per usura

Agenzia delle Entrate 10 Maggio 2013 Salvatore Viola

Lo abbiamo ripetuto ormai centinaia di volte e non ci stancheremo mai di farlo: il peso del Fisco in Italia è eccessivo, smisurato, sempre più spesso insostenibile per tante aziende e lavoratori autonomi che si fanno in quattro per sopravvivere in questo sciagurato, lunghissimo periodo di crisi.

Sentire in Tv dell’ennesimo imprenditore che si è tolto la vita perché non aveva più le forze di andare avanti è una cosa a cui noi partite Iva non ci abitueremo mai e siamo felici che all’interno di quella lista maledetta non compaia il nome di Francesco Sibilia. Lui, titolare di un autolavaggio a Conversano in provincia di Bari, c’è andato vicino, molto vicino. Ma ha deciso di resistere e, come lui stesso ci ha raccontato: “Combattere”.

 

“Tutto è cominciato – racconta Sibilia – quando mi sono visto recapitare una notifica di Equitalia di 61.000 euro. A brevissima distanza, per la precisione il 12 dicembre 2013, ricevo un’altra notifica. Questa volta mi avvisano che la mia casa è stata messa all’asta. Sapevo di avere delle pendenze, è vero. Da qualche anno non riuscivo più a pagare i miei contributi all’Inps, solo i miei però, perchè ho sempre versato tutto il resto e pagato i tre dipendenti che lavoravano nel mio autolavaggio. Ma c’è da segnalare un piccolo problema: nel 1992 ho scoperto di essere ammalato di cuore e da allora vagavo per ospedali e visite mediche. Negli ultimi anni sono stato sottoposto a tre interventi: tre pacemaker. Contemporaneamente si è ammalata anche mia moglie: carcinoma tiroideo.

Quando ti trovi in queste condizioni le tue priorità cambiano. Devi pensare a sopravvivere. Ho fatto una scelta e me ne assumo le responsabilità: ho deciso di curarmi, di vivere e crescere i miei figli. E per farlo non sono riuscito più a pagare.

Intanto il lavoro continuava a scarseggiare e ho dovuto mandare a casa le persone che lavoravano con me. Mia figlia ha dovuto lasciare l’università perché non c’erano più soldi per farla studiare. Quando però ho saputo che Equitalia aveva messo addirittura all’asta la mia casa, il frutto di una vita di lavoro, beh… in quel momento tanti brutti pensieri mi sono passati per la mente.

Allo Stato non importa niente se tu non lavori perché hai problemi di salute, perché la richiesta è diminuita e non ce la fai più a sopravvivere. Equitalia è un rapace che non si ferma davanti a nulla”.

 

La voce di Franco Sibilia si ferma improvvisamente. Per una persona malata che lavora 18 ore al giorno, anche se non potrebbe, è dura combattere e andare avanti. Soprattutto quando ti dicono che la tua casa è stata messa all’asta.

 

“Mi hanno salvato i miei due nipotini – continua. – Proprio quando stavo pensando di farla finita. Mi sono detto: perché rinunciare a loro? Perché arrendermi? Molte persone mi hanno aiutato: il mio parroco, Tiziana Marrone vedova dell’artigiano che il 28 marzo si diede fuoco davanti all’Agenzia delle Entrate di Bologna, Roberto Corsi il commerciante di Montalto Uffugo che da qualche mese ha dichiarato guerra al Fisco e altri. Così ho reagito. Per caso mi sono imbattuto nell’associazione “È qui l’Italia?” di Alberto Goffi. Lui mi ha messo in contatto con l’avvocato Floriana Baldino che ha deciso di seguire la mia vicenda. Abbiamo così presentato un’istanza di autotutela. Abbiamo fatto fare una perizia tecnica sulle mie cartelle esattoriali, molte delle quali risultavano prescritte, molte altre non dovevano neanche essere inviate. Il debito originale si aggirava intorno ai 35mila euro, così abbiamo deciso di denunciare Equitalia per usura facendo anche presente che molti dipendenti che hanno firmato le cartelle esattoriali non erano autorizzati a farlo e che il software che utilizzano per realizzarle applica degli interessi illegali e un’altra serie di punti.

 

Due giorni prima dell’asta che intanto era stata fissata per il 20 di marzo, chiamo un giornalista e decido di fare un’intervista. Il giorno dopo esce un articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Lo stesso giorno il mio avvocato mi manda una mail e mi chiede di inviarla via fax al direttore di Equitalia. Era una lettera che riassumeva tutte le responsabilità che, in base alle mancanze rilevate dal legale, sarebbero state imputate al dirigente dell’ente. Dopo due ore e mezza, il direttore in persona mi chiama e mi annuncia che l’asta è stata sospesa”.

 

Mentre rivive i momenti della telefonata, Sibilia tira un sospiro di sollievo. “Ma la faccenda non si è ancora conclusa – riprende. – Noi stiamo andando avanti e abbiamo rilevato una serie di anomalie che a questo punto devono essere chiarite. Sembra addirittura che il Tribunale di Bari non avesse ricevuto nessuna documentazione relativa all’asta. Era solo una strategia messa in atto da Equitalia per costringermi ad andare da loro e firmare un accordo. E pensare che in tutto questo periodo avrei potuto commettere un gesto estremo. Io non mi ritengo un evasore – conclude Sibilia – sono solo un artigiano disperato di 55 anni che sta cercando di sopravvivere. Questo forse è un reato”?

 

La vicenda di Franco Sibilia non si è ancora conclusa. Il 23 maggio al Tribunale di Bari ci sarà la sua udienza contro Equitalia, noi continueremo a seguire la storia e vi terremo aggiornati. Intanto una lunga lista di piccoli imprenditori si sta unendo alla sua protesta. È di poche ore fa la notizia che l’avvocato Baldino, difensore di Sibilia, ha avuto l’incarico di presidente per Bari e provincia e BAT mentre Sibilia è responsabile per la provincia di Bari dell’associazione Federitalia che si propone proprio di dare un sostegno ai piccoli imprenditori in difficoltà.

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