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Equitalia non molla e si accanisce sulle auto delle partite Iva

Fisco 26 Giugno 2013

Ancora una volta dobbiamo denunciare un vero e proprio atto di discriminazione nei confronti delle partite Iva. Un episodio emblematico che dimostra come i nostri politici quando fanno le leggi non si preoccupano in nessun modo di tenere conto di una categoria fondamentale di lavoratori come gli autonomi. Nel caso l’oggetto dello scandalo è rappresentato dalle nuove normative di tutela dei contribuenti contro l’aggressività di Equitalia. Alcune forme di attenuazione delle pretese dell’ente di riscossione, che valgono per tanti altri soggetti imprenditoriali, non valgono per una categoria molto ampia di partite Iva.

 

Beni strumentali tutelati

Con una specifica misura contenuta all’interno del “decreto del fare”, emanato qualche settimana fa dal governo Letta, si sono stabilite alcune forme di tutela specifiche in caso di pignoramento fiscale dei beni strumentali, ossia di quelle attrezzature che un’impresa o anche un professionista utilizza per la propria attività. In particolare, la nuova norma stabilisce che “gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore possono essere pignorati nei limiti di un quinto, quando il presumibile valore di realizzo degli altri beni rinvenuti dall’ufficiale giudiziario o indicati dal debitore non appare sufficiente per la soddisfazione del credito”. In parole povere, il pignoramento sui beni strumentali può arrivare al massimo a un quinto del loro valore, in modo che l’imprenditore o il professionista in questione possa continuare a lavorare, e quindi a produrre quei redditi che gli permetteranno anche di pagare i debiti arretrati con il Fisco. Tutto bene dunque direte voi. Invece no, perché il legislatore si è dimenticato di apportare una modifica fondamentale che come vedremo è a tutto discapito proprio di molte partite Iva.

 

Fermo dell’auto, una dimenticanza scandalosa

Per tutelare davvero tutti quelli che lavorano, il Parlamento avrebbe dovuto introdurre una modifica anche all’art. 86 del DPR 602/73. La norma in questione è quella secondo cui Equitalia, a prescindere dall’entità del debito, decorsi 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento o 90 giorni dalla notifica dell’accertamento esecutivo, può procedere con il fermo dei beni mobili registrati. Tra questi, ovviamente, figura anche l’automobile che è il primo bene mobile per il quale scattano le ganasce e quindi il blocco. Il paradosso è che tecnicamente il fermo dell’auto è un atto amministrativo non così grave, che ha un valore spesso puramente deterrente. Con esso si cerca in pratica di mettere paura al contribuente spingendolo a pagare prima possibile. Niente a che vedere con il pignoramento che è una procedura più pesante e che, in casi estremi, può portare addirittura all’esproprio del bene e quindi alla sua vendita all’asta. Ora, grazie alle nuove norme, chi subisce un pignoramento è tutelato, e può se non altro continuare a lavorare. Chi invece è vittima di un fermo amministrativo e utilizza l’automobile per lavoro, subisce una pesante discriminazione, perché non potrà più svolgere la sua attività.

 

Partite Iva dimenticate

Come si può facilmente intuire, i più colpiti da questa incredibile dimenticanza del legislatore sono le tante partite Iva che ogni giorno utilizzano un veicolo per esercitare la propria attività. Pensiamo per esempio all’agente di commercio per il quale l’automobile è essenziale. In questo senso dunque, è evidente che l’automobile rappresenta per tanti lavoratori autonomi un bene strumentale, che andava tutelato dall’aggressività di Equitalia, così come previsto per professionisti e imprese. Tra l’altro ricordiamo che un veicolo soggetto a fermo amministrativo non può circolare e, in caso di inosservanza della legge, si rischia una multa fino a 3mila euro. Ancora una volta, dunque, la politica si è dimenticata delle partite Iva, facendo procurando un danno a milioni di lavoratori autonomi alle prese non solo con la crisi ma anche le pretese di un Fisco a cui non si riesce in nessun modo a mettere un argine. Neanche quando si potrebbe farlo.

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