False partite Iva: cala la scure dell’Inail, ma solo nel 2015
Sulle false partite Iva cala la scure dell’Inail, anche se gli eventuali effetti del recupero di contributi non versati scatterà soltanto nel 2015. Si dirà, i soliti tempi della burocrazia. È vero, ma questa volta a intasare il processo di controllo più che l’inefficienza dei dipendenti pubblici, si è messa di traverso la legge Fornero nella parte che ha cercato di chiarire con precisione i presupposti secondo cui un rapporto di lavoro possa essere considerato una vera partita Iva e non una collaborazione coordinata e continuativa.
Il nodo della legge Fornero
È stata infatti proprio la nuova normativa voluta dal ministro del Lavoro Elsa Fornero a richiedere un giro di vite intorno al fenomeno, per troppo tempo tollerato, delle false partite Iva. Con la legge 92/12 sono state poste quindi le condizioni legali affinché un rapporto lavorativo possa essere considerato una collaborazione coordinata e continuativa e non quella di un classico lavoratore autonomo con partita Iva, salvo il caso ovviamente in cui sia fornita una determinante prova contraria da parte del committente. Le condizioni in cui un lavoratore può ricadere, per non essere considerato una regolare partita Iva, sono le seguenti:
- deve avere un rapporto di collaborazione pari a 8 mesi annui (241 giorni, anche non continuativi) per due anni consecutivi (da individuare dal 1° gennaio al 31 dicembre a partire dagli anni 2013 e 2014);
- deve guadagnare dal contratto almeno l’80% del proprio fatturato nell’arco di due anni solari consecutivi, considerando i soli corrispettivi derivanti da prestazioni autonome fatturate nel biennio solare decorrente dal 18 luglio 2012, data di entrata in vigore della riforma Fornero;
- deve avere una postazione di lavoro fissa in locali nella disponibilità del committente per un periodo di tempo utile alla realizzazione di una delle altre condizioni indicate.
Due anni per le valutazioni
Da quanto sopra elencato si capisce che, mentre la terza condizione è subito dimostrabile, per poter invece verificare le prime due norme di legge, bisognerà attendere i due anni prescritti e necessari per stabilire la reale natura del rapporto. È quanto ha precisato l’ufficio centrale dell’Inail che ha inviato alle proprie sedi distaccate una circolare nella quale viene descritto il comportamento da adottare. Solo trascorsi i due anni si potranno avviare i controlli necessari a stanare le eventuali false partite Iva.
Cosa prevede la legge
È utile ricordare che, in presenza di una collaborazione coordinata e continuativa svolta in regime di monocommittenza, ossia camuffata da partita Iva, si applica il regime contributivo valido per il lavoro a progetto, con pagamento dunque del premio Inail. Una circostanza che non vale per il committente se, chi presta l’opera è una vera partita Iva, tranne che per alcuni casi specifici riguardanti le società tra professionisti. Ricordiamo che una volta scovato un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa l’Inail provvederà al recupero dei contributi arretrati, calcolati sulla base di quanto effettivamente percepito dal prestatore d’opera, tenendo presente che questa somma sarà dovuta per due terzi dal datore di lavoro e per un terzo dal collaboratore. Insomma, tempi duri per le false partite Iva, anche se per vedere gli effetti reali dovremo aspettare almeno 24 mesi.