Fisco e conti correnti, la nostra privacy non vale nulla
Non accennano minimamente a placarsi le polemiche dopo il via libera dell’Agenzia delle Entrate ai controlli sui nostri conti correnti e, più in generale, su tutti i tipi di rapporti finanziari. Polemiche che sono alimentate in maniera pesante dalla preoccupazione che ogni italiano medio nutre in questo momento di vedere tutte le proprie attività finanziarie monitorate dall’occhio quanto mai indiscreto del Fisco. Siamo coscienti che l’obiettivo è quello di combattere l’evasione fiscale, ma qui sembra che il mezzo utilizzato crei un disagio e un malessere sociale che potrebbe far diventare la cura peggiore del male che si vuole curare. Tra le questioni che più di tutte allarmano i contribuenti c’è sicuramente il rispetto della privacy, che per come sono stati annunciati i controlli rischia davvero di andare a farsi benedire. Ma per comprendere davvero quello che rischiamo, cerchiamo di capire meglio come funzionerà il meccanismo di trasmissione dei dati dagli operatori finanziari all’Agenzia delle entrate.
I rilievi dell’Authority per la privacy
Fin dal primo momento in cui si è cominciato a parlare di controlli sui conti correnti, sui movimenti delle carte di credito, sui contenuti delle cassette di sicurezza, e su quant’altro abbia a che fare con movimentazioni finanziarie dei contribuenti, l’Authority per la privacy ha chiesto all’Agenzia delle entrate che fossero adottati sistemi di assoluta riservatezza nella gestione delle informazioni. A questo scopo ad esempio, aveva rilevato tutte le inefficienze della precedente piattaforma con cui l’Agenzia delle Entrate gestiva i dati anagrafici dei contribuenti. Ci riferiamo a Entratel, un sistema che oltre a dimostrare delle carenze in tema di sicurezza, aveva delle deficienze di tipo tecnologico, come quella, ad esempio, di non supportare l’invio di file superiori a 3 megabyte. Una situazione alquanto rischiosa dunque, che ha spinto l’Agenzia delle Entrate a porre rimedio.
Nasce una nuova piattaforma
Per ottenere un livello di riservatezza dei dati più elevato è stato previsto che le informazioni viaggeranno attraverso un nuovo canale telematico di trasmissione denominato Sid (Sistema di interscambio flussi dati) al quale dovranno obbligatoriamente registrarsi tutti gli operatori finanziari, dalla banche agli uffici postali, dalle Sim (Società di gestione mobiliare) alle assicurazioni. Tutti questi soggetti comunicheranno attraverso una piattaforma di File transfer protocol (Ftp) oppure, in alternativa, ma solo per file inferiori a 20 megabyte, utilizzando la Pec, la Posta elettronica certificata. Il tutto dovrebbe garantire la necessaria garanzia di riservatezza delle trasmissioni. Una garanzia che però ovviamente non è assoluta.
Problemi che non ci fanno stare tranquilli
Altro tema su cui l’Authority per la privacy ha sollecitato l’Agenzia delle Entrate è quello della durata della conservazione dei dati raccolti. È ovvio infatti che più queste informazioni stazioneranno sui database del Fisco, e maggiori sono i rischi che vengano intercettati da malintenzionati. Anche in questo caso l’Agenzia ha deciso di porre rimedio, annunciando che i dati sensibili sulle movimentazioni finanziarie di ogni singolo utente verranno conservati per non più di sei anni, prima di essere distrutti. Ma i nodi irrisolti non finiscono qui. C’è da ricordare in conclusione infatti, una delle questioni che l’Authority ha posto con più preoccupazione. L’idea infatti che una mole imponente di dati, che anno dopo anno diventeranno sempre più numerosi, sia concentrata tutta in uno stesso centro di calcolo, pone infatti domande poco rassicuranti. Chiunque infatti voglia approfittare illegalmente di informazioni riservate, dovrà concentrare i propri sforzi su un unico data center, quello dell’Agenzia delle Entrate, dal quale potrà davvero ottenere qualsiasi tipo di informazione su chiunque. Un rischio potenziale per il quale ovviamente al momento non c’è soluzione, se non sperare nell’efficienza dell’Agenzia delle Entrate.