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I sindaci dicono basta e mettono Equitalia in mora

Equitalia 28 Novembre 2012

Un calcio nel sedere a Equitalia. E’ quello che neanche tanto metaforicamente vorrebbero rifilare tanti sindaci d’Italia, stufi dei metodi troppo severi con cui la società pubblica di riscossione procede al recupero dei crediti. Detto così sembrerebbe un paradosso: perché mai infatti i circa 5.000 Comuni che si affidano ai suoi uffici, dovrebbero disfarsi di un ente che sembra fare così bene il proprio lavoro, pur sporco che sia? Il nodo, come detto, sta tutto nelle modalità utilizzate, che con il tempo, non avrebbero attirato le ire dei contribuenti solo verso Equitalia stessa, ma come ovvia conseguenza anche verso i sindaci colpevoli di servirsi proprio dei suoi metodi. In ballo ci sarebbe insomma un calo preoccupante di popolarità, che come si sa si paga profumatamente nei seggi elettorali, soprattutto quando si parla di tasse. Quello che i primi cittadini di molte città non sopportano più dunque è che, per recuperare crediti che mediamente vanno da 70 a non più di 400 euro, frutto spesso di multe non pagate o di tasse sui rifiuti non versate, si utilizzino sistemi degni della grande evasione fiscale. Insomma, come sparare a un moscerino con un bazooka.

D’altro canto non è un caso, visto che proprio Equitalia è stata dotata per questo di poteri davvero straordinari. E’ l’unica società esattoriale in Italia infatti che può emettere ruoli. Tutte le altre devono rifarsi invece a una legislazione che risale addirittura a un regio decreto del 1910 che al massimo concede di utilizzare le cosiddette ingiunzioni fiscali, strumenti decisamente meno efficaci e più farraginosi dal punto di vista burocratico.

 

Le strade per disfarsi di Equitalia

Ma se questa è la situazione, cosa possono fare i sindaci per mettere in piedi un sistema di riscossione, come dire, dal volto più umano e che finalmente possa fare a meno dei poco apprezzati servigi di Equitalia? Le strade che si possono seguire sono diverse. Si può innanzitutto internalizzare il servizio. E’ quello che ad esempio è successo in un grande Comune come Torino. Un esempio che pare sia molto apprezzato anche dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che non ha escluso che il capoluogo lombardo possa seguire presto la stessa strada. In alternativa, c’è  l’ipotesi poi che più Comuni si mettano insieme e creino tra loro una società ad hoc che si occupi della riscossione. In questo caso si potrebbe dare vita alla classica società in house, controllata cioè comunque al 100% dai Comuni stessi, oppure fare una vera e propria gara e affidare il servizio riscossione a un’azienda terza esterna all’amministrazione pubblica. Tutte strade che di questi tempi i sindaci stanno valutando con attenzione, soprattutto perché ognuna di essa presenta delle incognite. A proposito di incognite però, paradossalmente, la prima di esse riguarda proprio la libertà, per il momento congelata, di scegliersi un nuovo sistema di riscossione. Con il recente decreto Salva Italia infatti il governo ha previsto che comunque Equitalia smetterà di esistere il prossimo 30 giugno 2013. Fino a quel momento però sono sospese le procedure per adottare un nuovo sistema di riscossione. Dunque i sindaci sono in ogni caso in attesa che si sblocchi questa situazione per poter procedere.

 

Tempo per riflettere

Nel frattempo avranno a disposizione un po’ di tempo per riflettere, a proposito sempre di incognite, sul fatto che, chi volesse decidere di internalizzare il servizio dovrebbe fare i conti con il problema di dover avere in organico il cosiddetto ufficiale di riscossione, una figura professionale molto poco diffusa negli uffici comunali, visto che per essa non si fanno concorsi ormai da più di dieci anni. Ci sarebbe poi da rivedere con urgenza, per chi volesse invece affidare a società esterne il servizio, la norma che al momento impone alla società di riscossione di far transitare la liquidità raccolta prima nelle proprie casse e poi in quelle del Comune. Già da tempo molti sindaci chiedono infatti che il denaro riscosso confluisca direttamente nelle cassa dei Comuni, e che siano poi questi ultimi a pagare alle società di riscossione gli aggi dovuti. In questo modo tra l’altro si eviterebbero truffe clamorose come quella recente di Tributi Italia.

 

Un distacco difficile

E se tutte queste riserve non bastassero, c’è un’altra delicata questione che renderà molto più difficile di quanto previsto il distacco da Equitalia. Quest’ultima infatti detiene circa 11 miliardi di crediti non riscossi. Si tratta dei cosiddetti residui attivi, cioè tributi non ancora pagati che negli anni si sono accumulati e che nel caso Equitalia chiudesse potrebbero risultare inesigibili portando al rischio default numerosi Comuni. Una minaccia questa non da poco, che potrebbe farci ritrovare sì un fisco meno brutale, ma con amministrazioni comunali sul lastrico. Insomma, dalla padella alla brace.

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