Il Fisco se ne frega della crisi. Bilancio in rosso? Sei un evasore
Continua la lotta ormai quotidiana contro le aggressioni del Fisco. Nonostante ciò ci piace riportare sentenze di tribunali che ogni tanto danno ragione ai contribuenti. Un segnale di conforto per le tante partite Iva alle prese non solo con la pesante crisi economica, ma anche con le richieste sempre più cervellotiche di un Fisco che non vuole tenere in nessun conto le difficoltà dei tempi che viviamo. E in questo senso è emblematico allora il caso di una piccola azienda lombarda che combatte e vince.
Fatturato in perdita, sintomo di evasione
La piccola impresa in questione era stata presa di mira dal Fisco per una semplice ragione: per due anni di seguito aveva messo perdite a bilancio. Era bastata questa constatazione per far partire un accertamento fiscale. Il ragionamento che sta alla base di questa decisione è semplice: chi, secondo l’Agenzia delle Entrate, andrebbe avanti con un’impresa dopo aver registrato perdite per due anni consecutivi? Uno stupido, oppure, cosa più realistica per l’amministrazione fiscale, un furbo che abbia qualcosa da nascondere. Il contribuente in questione però non ci sta e decide di ricorrere.
Una sconfitta che prelude alla vittoria
La Commissione provinciale a cui si rivolge però non accoglie il ricorso, dando ragione all’Agenzia delle Entrate e affermando che due anni di perdite consecutivi sono sufficienti a far nascere il sospetto che ci si trovi in presenza di un’evasione fiscale. Il piccolo imprenditore non demorde e ricorre in appello presso la Commissione tributaria regionale della Lombardia. Basandosi sul fatto che nel secondo anno di perdite il fatturato aveva segnato una crescita significativa. Questo come vedremo sarà un elemento determinante. E difatti, la seconda Commissione decide di dargli ragione. Con la sentenza 1/8/13 annulla il programmato accertamento fiscale, affermando che non si può desumere un’evasione fiscale dal semplice fatto che per due anni consecutivi i conti vanno male.
Le ragioni di una sentenza figlia dei tempi
Quello che a tutti appare la vittoria del buon senso in un periodo di crisi come quello attuale, evidentemente per amministrazione fiscale necessita di giustificazioni giuridiche che la Commissione tributaria regionale offre in maniera quanto mai esemplare. Quello che indubbiamente sfugge al Fisco infatti, è la tenacia e la passione con cui tanti piccoli imprenditori e tante partite Iva vivono la propria attività. Secondo il giudizio di appello infatti, la constatazione che nel secondo anno di perdite, ci fosse stato comunque un aumento dei ricavi, era un segnale più che plausibile del fatto che continuare con la propria impresa potesse avere senso. Nonostante il rosso di bilanci, la Commissione ha riconosciuto che possa essere più che ragionevole che, di fronte a segnali positivi, un imprenditore continui nella sua attività, anche registrando due anni di perdite. Senza contare che tra gli elementi a favore, il contribuente in questione poteva anche contare sulla dimostrazione che il suo specifico settore di attività era stato colpito da una crisi particolarmente grave e che non aveva neanche potuto usufruire della cassa integrazione per i propri dipendenti.
Quando resistere diventa una colpa
Insomma, da questa triste vicenda purtroppo abbiamo la conferma che chi resiste alla crisi, chi nonostante le perdite cerca di tenere aperta la propria attività confidando in una ripresa che prima o poi dovrà pur arrivare, viene guardato con sospetto dal Fisco. Come se il comportamento più adeguato da tenere fosse quello di chiudere baracca e burattini dopo il solo secondo anno di perdite. Un atteggiamento davvero incomprensibile che, invece di fornire supporto umano e materiale a chi con fatica cerca di restare a galla, contribuisce a sferrare una sorta di colpo di grazia alle speranze di tante piccole partite Iva. Speriamo solo che la vittoria giudiziaria di questo contribuente possa essere di buon auspicio per tanti altri piccoli imprenditori. Per il loro bene e quello del Paese.