La casa ribaltata con una mazzata da 12 miliardi

Con un’espressione tipicamente inglese è stato ribattezzato il ”tax day” sulla casa. Il 16 giugno è stato infatti il giorno in cui gli italiani hanno dovuto mettere mano al portafogli per pagare il primo acconto delle tue odiose tasse sugli immobili: l’Imu e la Tasi.
Grandi numeri
Spulciando le cifre non si tratta di un’espressione abusata, poiché sono stati ben 20 milioni i proprietari di prima casa coinvolti e oltre 25 milioni i proprietari di altri immobili. Il doppio prelievo fiscale porterà nelle case dello Stato quasi 12 miliardi di euro: 9,7 miliardi dall’Imu (Imposta municipale unica) e 3,2 miliardi dalla Tasi (Tassa sui servizi indivisibili). Si tratta di un introito superiore a quello dell’anno passato, anche se – stando ai calcoli della Cgia di Mestre – nel 2015 ci sarà comunque qualcuno che pagherà meno rispetto al 2014.
Le delibere mancanti
Il principale problema è che finora soltanto pochi Comuni hanno deliberato l’aliquota del 2015 (la legge consente loro di decidere entro la fine di ottobre), pertanto per il primo pagamento il riferimento è stata la percentuale utilizzata nel 2014. Così in molti hanno versato la metà di quanto pagato l’anno scorso: in questo modo anche per quanto riguarda le detrazioni – in attesa delle decisioni per il 2015 – si è considerata la medesima situazione dell’anno scorso. Nella seconda rata del 16 dicembre si dovrà poi saldare il tutto considerando la nuova aliquota.
Il costo medio
Secondo quanto pubblicato dal centro studi della Uil, il costo medio complessivo della Tasi (quindi l’acconto più il saldo) sarà di 180 euro. L’importo sarà più alto nelle città capoluogo (mediamente 230 euro, con picchi di 403 euro a Torino, 391 a Roma e 346 a Firenze) dove l’aliquota media è dello 0,265 per cento, mentre quella massima raggiunge il limite dello 0,33%, o come più spesso si sente dire in tv del 3,3 per mille.
I principali dolori arrivano però dall’Imu sulle seconde case. Sempre secondo la Uil il costo medio sarà di 866 euro (433 euro per l’acconto) con picchi di 2.028 euro a Roma, 1.828 euro a Milano e 1.792 euro a Torino.
Meglio mettersi il cuore in pace e, se non risiede in uno dei 1.490 comuni che ha sinora deliberato le aliquote definitive, sperare che i propri amministratori non spingano il piede sull’acceleratore. Altrimenti al danno del 16 giugno rischia di associarsi la beffa del 16 dicembre. Due date che chi lavora duramente da mattina a sera cancellerebbe volentieri dal proprio calendario.