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Stop al Fisco: niente accertamento prima di 60 giorni

Fisco 31 Luglio 2013

Cassazione, gioie e dolori di noi contribuenti. L’assiduità con cui la Suprema Corte continua ad occuparsi di tematiche fiscali, ci fa viaggiare su autentiche montagne russe, con emozioni piacevoli che si alternano a cocenti delusioni. Nel caso specifico, l’ultimo provvedimento in ordine di tempo, crea un nuovo indiscutibile entusiasmo. Con la sentenza 18184/2013, le Sezioni Unite della Cassazione hanno sciolto a favore dei contribuenti alcuni dubbi legati al contraddittorio nell’ambito dell’accertamento tributario.

 

Avviso precoce, avviso annullabile

Il cuore della sentenza in questione stabilisce che il contribuente, nei cui confronti sia stato emesso un avviso di accertamento prima di aver atteso il termine di 60 giorni per consentire all’interessato di esporre le sue ragioni, può ottenere l’annullamento dell’atto stesso. Un principio di civiltà fiscale contenuto tra l’altro all’interno dello Statuto del contribuente, che spesso il Fisco dimentica di applicare. Nel caso i giudici hanno richiamato proprio lo Statuto in questione, sottolineando che le norme in esso contenute, anche se non rappresentano leggi costituzionali, esprimono sicuramente principi generali dell’azione amministrativa, di derivazione costituzionale e comunitaria, che non possono essere sacrificati senza che ne consegua la nullità. In secondo luogo, proprio il contraddittorio, a cui il contribuente può essere chiamato per spiegare le proprie ragioni prima che parta un accertamento, è il luogo ideale – secondo la Cassazione – in cui non solo il cittadino può difendersi, ma dove anche l’amministrazione fiscale può portare a compimento un’istruttoria più dettagliata e dunque più completa.

 

L’eccezione dell’urgenza

Tutta la procedura sopra descritta può essere aggirata, come previsto esplicitamente dalla legge, solo se ricorrono motivazioni di urgenza. L’amministrazione fiscale può dunque far partire un avviso di accertamento prima della scadenza dei 60 giorni, ma solo se manifesta delle motivate emergenze. Ed è qui che entra in gioco il controllo del giudice. Secondo la Cassazione, sull’avviso di accertamento il Fisco deve specificare che il mancato rispetto della scadenza dei 60 giorni è dovuto a ragioni di estrema urgenza. Il contribuente però può sempre impugnare questo provvedimento, portarlo davanti a un giudice e far stabilire a quest’ultimo se le ragioni addotte dal Fisco siano effettivamente di tale portata da giustificare il mancato rispetto dei 60 giorni di tempo. In ogni caso, la Cassazione sembra voler far passare il messaggio chiaro, che il contraddittorio resta un momento fondamentale del rapporto tra contribuente e amministrazione fiscale. Quest’ultima dunque deve operare in modo da salvaguardare in ogni modo la possibilità al cittadino di fornire opportune spiegazioni, prima che partano azioni esecutive, come l’avviso di accertamento. E quando questa prassi deve essere bypassata, ciò potrà avvenire solo per ragioni davvero emergenziali, sulle quali comunque l’ultima parola, in caso di ricorso del contribuente, spetterà al giudice. Insomma, sicuramente un punto a favore dei cittadini, che vedono in questo modo meglio tutelati e garantiti i propri diritti di fronte al Fisco.

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