Fondi e polizze, come calcolare i soldi che prenderemo
Quanti soldi devo versare ogni mese? Questa è la domanda che si fanno molte Partite Iva quando scelgono di aderire ai fondi e alle polizze della previdenza complementare, cioè ai prodotti finanziari che hanno il compito di garantire una pensione di scorta a milioni di italiani, per compensare i sempre più magri assegni dell’Inps.
Una scelta difficile
Per i lavoratori dipendenti, rispondere a questo interrogativo è molto più semplice. Chi è assunto da un’azienda con un contratto a tempo indeterminato, infatti, può destinare ai fondi pensione il proprio Tfr (Trattamento di fine rapporto), cioè la quota dello stipendio annuo (il 7% circa) che di solito viene accantonata dall’impresa per la liquidazione. Per gli autonomi con la Partita Iva che non hanno il Tfr, invece, la scelta è molto più difficile. Di solito, il consiglio di molti esperti previdenziali è destinare ai fondi pensione almeno il 10% dei propri compensi lordi annui: per esempio 2.400 euro, cioè una media di 200 euro al mese, su un reddito di 24mila euro. Si tratta però di un suggerimento di massima, che va preso con il beneficio d’inventario e che, ovviamente, deve essere adattato alle specifiche esigenze di ogni lavoratore autonomo. Molti professionisti, infatti, oggi sono costretti a sopportare pesanti sacrifici a causa della crisi economica e, spesso, non possono permettersi il lusso di destinare troppi soldi ai fondi e alle polizze previdenziali. Anche perché, è bene ricordarlo, il capitale maturato con questi prodotti non può essere riscosso fino alla data del pensionamento, se non per motivi straordinari come l’acquisto della casa o per gravi problemi di salute.
L’ncognita dei rendimenti
Per effettuare una scelta consapevole, dunque, bisogna programmare un piano di investimenti adeguato, cercando anche di stimare in anticipo l’importo della pensione complementare che si desidera ottenere, dopo 20, 30 o 40 anni di lavoro. Riuscirci non è facile, poiché l’importo dell’assegno integrativo è legato soprattutto ai rendimenti realizzati dal fondo pensione prescelto, che dipendono a loro volta dall’andamento dei mercati finanziari, in cui vengono investiti i soldi accantonati. Prevedere come andranno le borse nei prossimi decenni, si sa, è come fare un terno al lotto. Di conseguenza, molte partite iva rischiano di ritrovarsi in vecchiaia con una pensione integrativa deludente, se hanno scelto un fondo troppo rischioso, che registra pesanti perdite durante un periodo di magra per le piazze finanziarie
Come orientarci
Tuttavia, benché l’importo esatto della pensione complementare rimanga comunque un mistero, c’è uno strumento molto semplice che consente di calcolarlo già oggi, seppur in linea di massima e con molti margini di errore. Si chiama prospetto informativo personalizzato ed è un documento che viene inviato ogni anno dalle società che gestiscono i fondi pensione a tutti i clienti. Si tratta di una nota di poche pagine (obbligatoria per legge) in cui il sottoscrittore di un prodotto previdenziale riceve una stima della futura pensione integrativa che maturerà al momento del congedo dal lavoro, se continuerà ad accantonare nel fondo o nella polizza la stessa cifra versata finora (per esempio 100 o 200 euro al mese). I calcoli sono effettuati, com’è ovvio, basandosi su alcune ipotesi di fondo, in particolare sui rendimenti che verranno realizzati in futuro da ogni prodotto pensionistico. I fondi e le polizze previdenziali, per chi non lo sapesse, si dividono infatti in 3 macro-categorie: ci sono i prodotti azionari, che sono i più rischiosi di tutti ma che, nel lungo periodo, possono garantire maggiori rendimenti, soprattutto se le borse riprendono a viaggiare col turbo. Ci sono poi fondi obbligazionari, che investono prevalentemente in titoli di Stato e in bond emessi da società private. Infine, ci sono i prodotti a capitale garantito, che assicurano un rendimento minimo del 2% all’anno e che investono in titoli di Stato di brevissima scadenza e poco rischiosi.