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Riscattare la laurea? All’Inps conviene, ai pensionati no

INPS 21 Marzo 2013

In termini tecnici, si chiama riscatto della laurea. In teoria, è un modo semplice (ma molto costoso), per andare in pensione il più presto possibile, facendo conteggiare nella propria anzianità di carriera anche il tempo trascorso sui libri per raggiungere il tanto ambito titolo di studio. Versando una somma di denaro all’Inps, corrispondente a 4 o 5 anni di contributi in più, il laureato può ottenere una pensione un po’ più alta e congedarsi dal lavoro prima del previsto. A ben guardare, però, oggi il riscatto della laurea è diventato purtroppo molto meno conveniente rispetto ai decenni scorsi. Anzi, in alcuni casi non serve quasi a niente: né per mettersi a riposo in anticipo, né per ricevere un assegno dall’Inps più elevato. Colpa dell’ultima riforma previdenziale ideata dal ministro del welfare, Elsa Fornero, che ha spostato molto in avanti la data del pensionamento.

 

In pensione a 70 anni (o quasi)

Dal 1° gennaio 2012, sono state abolite le vecchie pensioni di anzianità e sono rimaste in vigore due diverse categorie di trattamenti previdenziali: le pensioni di vecchiaia, che  maturano tra i 62 e 66 anni di età, con almeno 20 anni di carriera alle spalle; le pensioni anticipate, che oggi vengono liquidate quando il lavoratore ha versato almeno 42 anni e 3 mesi di contributi (nel caso degli uomini) o almeno 41 anni e 3 mesi (per le donne), indipendentemente dall’età anagrafica (benché vi siano delle penalizzazioni per chi non ha ancora compiuto i 62 anni). Per molti ex-universitari, che hanno studiato sino ai 27 o 28 anni e hanno iniziato a lavorare stabilmente dopo i 30 anni, sarà ben  difficile raggiungere la soglia della pensione anticipata. Molto probabilmente, questi lavoratori andranno quasi tutti in pensione con l’assegno di vecchiaia, cioè dopo aver raggiunto una fascia di età compresa tra 66 e 70 anni e dopo aver versato non più di 36 o 37 anni di contributi. Dunque, anche aggiungendo ai propri versamenti previdenziali la contribuzione relativa a 4 o 5 anni trascorsi all’università, questi lavoratori non riusciranno (o riusciranno a stento) a superare la soglia dei 42 anni di carriera e ad anticipare la data del pensionamento, se non di qualche mese. Fanno eccezione soltanto i lavoratori più precoci, che hanno completato gli studi molto presto. Chi, per esempio, è diventato dottore a 24 anni e ha cominciato la propria carriera lavorativa subito dopo l’università, riscattando la laurea potrà mettersi a riposo verso i 62-63 anni, con i seguenti requisiti: 38 anni di contributi effettivi da lavoro, più altri 4 o 5 ottenuti conteggiando anche il periodo degli studi, per un totale di 42 o 43 anni di carriera, sufficienti a far maturare la pensione anticipata.

 

Costi  alle stelle

Chi vuole ottenere questo beneficio, però, deve pagare un prezzo salatissimo, cioè diverse decine di migliaia di euro. Per riscattare la laurea, occorre infatti sborsare almeno 3 o 5 annualità di contributi aggiuntivi, corrispondenti alla durata complessiva degli studi (escludendo gli anni fuori corso). L’ammontare dei versamenti dovuti viene calcolato sulla base della retribuzione dichiarata dal lavoratore nell’anno che precede la domanda di riscatto, applicando l’aliquota pensionistica della sua categoria professionale.

Facciamo un esempio: un lavoratore dipendente che ha studiato all’università per 4 anni e che oggi ha un reddito di 30mila euro lordi, dovrà pagare nel complesso una somma di quasi 40mila euro, così calcolati: sullo stipendio lordo di 30mila, viene applicata l’aliquota pensionistica dei dipendenti (33% circa), che comporta un versamento contributivo di 9.900 euro ogni 12 mesi. Moltiplicando il risultato per 4 (cioè per gli anni dell’università) si ottiene, appunto, la cifra di 39.600 euro che, per “gentile concessione” dell’Inps, può essere versata in 10 anni, con 120 rate mensili da 330 euro l’una.

I lavoratori autonomi e gli iscritti alla Gestione Separata dell'Inps pagano un po' meno rispetto ai dipendenti, poiché la loro aliquota previdenziale è meno elevata (tra il 20 e il 27%). Anche in questo caso, però, il costo del riscatto per chi ha un reddito annuo di 30mila euro scende difficilmente al di sotto dei 20-25mila euro. I versamenti possono però essere dedotti (cioè sottratti) dal reddito imponibile annuo, garantendo al lavoratore un risparmio sulle tasse (in particolare sull'irpef). Per un contribuente con 30mila euro di reddito, il beneficio fiscale è di almeno 750 euro ogni 12 mesi, per un totale di 7.500 euro circa, nell'arco di un decennio.

Dunque, nei casi sopra esaminati, il reale costo dell’operazione di riscatto della laurea varia tra 15 e 32 mila euro in 10 anni, a seconda delle diverse categorie professionali (dai 20-40mila euro versati all’Inps, vanno infatti sottratti i 7.500 euro del risparmio fiscale). Si tratta di una somma astronomica, che probabilmente oggi pochi italiani sono disposti a  pagare.

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