Autonomo o ditta individuale? 5 cose da sapere prima di partire

Essere lavoratori autonomi o imprenditori individuali non è indifferente. Infatti a seconda della categoria nella quale rientriamo cambia la nostra posizione sia a livello sia fiscale, sia contributivo. Vediamo di sciogliere i nostri dubbi con cinque domande e altrettante risposte.
1) Quando siamo imprenditori individuali?
Siamo imprenditori individuali se siamo artigiani o commercianti.
Siamo artigiani se svolgiamo un’attività manuale o professionale in modo artigianale. Quindi per esempio se siamo idraulici, falegnami, muratori, gelatai, pasticceri, pastai, imbianchini, fabbri, elettricisti, meccanici, estetiste, parrucchieri, ecc. Siamo commercianti se acquistiamo merci per rivenderle. Rientriamo in questa categoria se siamo sia grossisti, sia dettaglianti. Possiamo vendere al dettaglio in un negozio, in un’area pubblica (commercio ambulante) o sotto altre forme (televendita, distributori automatici, porta a porta), ma siamo comunque sempre dei commercianti.
2) Quando siamo lavoratori autonomi?
Siamo lavoratori autonomi se siamo professionisti iscritti in un Albo o in un Ordine (commercialisti, avvocati, medici, notai, geometri, agronomi, consulenti del lavoro, psicologi, giornalisti, architetti, ingegneri, dentisti, ecc.), oppure se siamo liberi professionisti non iscritti ad albi professionali, i cosiddetti “senza Ordine”. È il caso per esempio di tutti i consulenti che svolgono l’attività senza aver sostenuto l’esame di abilitazione a un albo (consulente aziendale, tributario, informatico, editoriale, web master, ecc.)
3) Cosa cambia a livello previdenziale?
A livello previdenziale gli artigiani e i commercianti sono obbligati a iscriversi all’Inps nella gestione artigiani o commercianti.
I professionisti iscritti a un Ordine sono obbligati a iscriversi alla cassa previdenziale di riferimento. Per esempio un commercialista deve iscriversi alla Cassa di previdenza dei dottori commercialisti ed esperti contabili, un giornalista deve iscriversi all’Inpgi, un ingegnere deve iscriversi all’Inarcassa, ecc.
I lavoratori autonomi non iscritti a un Ordine devono obbligatoriamente versare i contributi alla gestione separata dell’Inps.
4) Quali sono le differenze a livello fiscale?
Il lavoratore autonomo deve pagare l’Irpef, calcolata sul proprio reddito annuale. Il reddito da lavoro autonomo è la differenza tra compensi incassati nell’anno e costi deducibili pagati nell’anno. Vale quindi il principio di cassa: i ricavi sono tassati quando si incassano, i costi sono deducibili quando si pagano.
Anche l’imprenditore individuale deve pagare l’Irpef, calcolata sul proprio reddito annuale.
Il reddito d’impresa è la differenza tra ricavi e costi di competenza. Non conta quindi il momento del pagamento. I ricavi, se sono stati fatturati, vengono tassati anche se non sono stati incassati. Mentre i costi, se sono collegati ai ricavi dell’anno, possono essere dedotti anche se non sono stati pagati.
5) Cosa cambia quando si fa la dichiarazione dei redditi?
Nel modello Unico, il lavoratore autonomo deve compilare il quadro E, quello dedicato appunto ai redditi da lavoro autonomo. Dall’Irpef lorda può sottrarre le ritenute che ha subito durante l’anno. Quando infatti un lavoratore autonomo fattura a un cliente con partita Iva deve indicare nel documento la ritenuta d’acconto. Il cliente quindi gli pagherà l’importo della fattura al netto della ritenuta che dovrà versare allo Stato.
Nel modello Unico, l’imprenditore individuale deve invece compilare il quadro F se utilizza la contabilità ordinaria (registra cioè sia le fatture di vendita e di acquisto, sia gli incassi e i pagamenti), oppure il quadro G se è in contabilità semplificata (registra cioè soltanto le fatture emesse e quelle ricevute). L’imprenditore individuale emette le proprie fatture senza indicare la ritenuta d’acconto.