Un Paese alla deriva prigioniero di politici ectoplasmi
Ormai l’aumento dell’Iva dal 21 al 22% non è più un’ipotesi. È una certezza. Che ci colpirà a ottobre con tutte le conseguenze che ben conosciamo. Parola del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni dopo la visita pastorale a Roma di Ollie Rehn, finlandese, vicepresidente e responsabile degli affari economici dell’Unione europea. Che cosa è venuto a dirci Rehn? Dopo un complimento ambivalente («L’Italia è come una Ferrari», bel paragone ma è un bel po’ che le rosse di Maranello non vincono più) ha affondato la scure: «La vostra creatività non basta. Dovete fare come Spagna e Germania, liberalizzare il lavoro, o niente ripresa. L’Imu sulla prima casa non dovevate cancellarla».
Morale: aumenta l’Iva. E già sappiamo (lo abbiamo detto più volte) che finirà per non portare un euro nelle casse dello Stato. Scoraggerà ulteriormente i consumi, darà forse un po’ di aiuto alla produzione industriale nazionale (dove c’è ancora) rispetto alle importazioni. Ma non sarebbe meglio pagare l’Imu sulle prime case? Colpisce beni quasi sempre improduttivi, il taglio avvantaggia soprattutto i ricchi (che non pagano su prime case magari consistenti e magari avendone altre a disposizione, invece i poveri che possiedono casette risparmiano pochi spiccioli) mentre l’aumento Iva colpirà soprattutto chi è già in difficoltà economiche… Non si trova un miliardo per evitarne l’aumento almeno nel 2013, ma i soldi per evitare alle società che gestiscono i giochi d’azzardo di pagare le tasse arretrate all’erario invece si sono trovati.
Domanda: ma cos’è che ci chiede effettivamente la Ue (insieme al Fondo monetario internazionale, alla Banca mondiale, alle agenzie di rating e ai tre quarti degli economisti mondiali)? Altri sacrifici? No: di rendere il lavoro dipendente (per quelli che ancora ce l’hanno) un po’ più simile a quello autonomo, cancellare i residui dell’articolo 18 e le guarentigie delle professioni ordinistiche, rendere più facile lavorare per tutti, giovani compresi, e non difendere solo i diritti di chi il lavoro ce l’ha già. Macelleria sociale? Chi l’ha fatto si è lasciato la recessione alle spalle o lo sta facendo, noi ci siamo ancora dentro fino al collo.
Reazioni dei politici italiani? Scomposte. Grillo urla al colpo di Stato dell’Unione (come se i patti che trasferiscono potere agli organismi sovranazionali non li avesse sottoscritti lo Stato italiano ma qualcun altro). Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato, ha dichiarato: «Ma chi è questo Ollie Rehn? È un signor nessuno». Esattamente così Adolf Hitler aveva definito Winston Churchill quando assunse la carica di primo ministro d’Inghilterra nel maggio 1940. Una frase infelice che rivela soprattutto l’inconsistenza da ectoplasmi di alcuni nostri politici che hanno costruito la loro carriera a furia di comparsate televisive. In ogni caso non certo una ricetta per aiutarci a uscire dalla crisi.