Riforma forense e legge sulle professioni, tensioni in Parlamento
Due leggi concettualmente e culturalmente opposte stanno – molto probabilmente – per essere approvate dal Parlamento nelle sue ultime ore di vita attiva. La prima è quella che regolamenta le associazioni delle professioni prive di Ordini. La seconda è la cosiddetta “riforma forense”, la legge fortemente voluta dal mondo degli avvocati (ma duramente contestata dai giovani avvocati che la interpretano come una porta chiusa sul loro futuro) per contrastare gli effetti più importanti della riforma generale delle professioni approvata dal Parlamento a inizio 2012.
Il paradosso maggiore non sta tanto nel contrasto permanente fra il mondo degli “ordinisti” e quello dei “non ordinisti” (i primi vogliono privare i secondi di qualunque forma di riconoscimento, agitando lo spettro di “maghi e fattucchiere” come ha fatto nei giorni scorsi l’Ordine degli Psicologi). Il paradosso sta proprio nella legge forense che – se approvata – negherebbe alcuni degli aspetti qualificanti della riforma delle professioni, fatta dal Governo Monti seguendo direttive europee (e nel solco delle liberalizzazioni avviate dal ministro Bersani al tempo dell’ultimo governo di centro-sinistra).
Gli avvocati (tra parentesi, è la professione più rappresentata in Parlamento) hanno contrastato ad esempio la possibilità di creare società di capitali tra professionisti (anche di settori diversi, ad esempio avvocati, consulenti del lavoro, commercialisti ecc.) con una quota di soci puramente finanziari; si sono opposti alla possibilità di fare pubblicità secondo forme di advertising moderno (esclusa la comparativa), all’obbligo di stipulare assicurazioni contro la responsabilità civile a tutela dei clienti ecc. In pratica tutti gli aspetti più innovativi della legge che invece un altro Ordine importante, quello dei Commercialisti, ha sostanzialmente accettato.
Tra gli aspetti più controversi della legge in via di approvazione alcune norme sui tirocini, che darebbero ai titolari degli studi legali la possibilità di non compensare i tirocinanti per i primi sei mesi. Questo in contrasto con la Legge Fornero sul lavoro che invece per i tirocini prevede un compenso minimo obbligatorio, pur senza alcun obbligo di successiva assunzione.
Adesso le due leggi sono a un passo dall’approvazione definitiva che dovrebbe avvenire tra il 17 e il 21 dicembre: quella forense, appena liberata dalla Commissione Giustizia del Senato, dovrebbe essere approvata in Aula; quella sulle associazioni in sede legislativa in Commissione X della Camera. Dovrebbe, e sottolineiamo il condizionale, perché in questi giorni sotto traccia e lontano da sguardi indiscreti si stanno vivendo forti tensioni tra parlamentari e rappresentanti dei mondi professionali coinvolti, legate anche alla complicatissima situazione politica apertasi con le dimissioni del Governo.
Non è facile individuare i favorevoli e i contrari nei vari schieramenti, perché le posizioni sono abbastanza trasversali. Comunque nell’intervista del 14 dicembre il presidente del Colap Lupoi faceva chiaramente nomi e cognomi di quanti si erano opposti alla legge sulle associazioni (in primis Maurizio Sacconi e Maurizio Castro del Pdl). Mentre sulla legge forense – pur in mezzo a diffusi “mal di pancia” – gli unici a essere dichiaratamente contrari sono i radicali, che hanno annunciato battaglia, con la presentazione di una pregiudiziale e degli stessi emendamenti precedentemente bocciati in Commissione. Fuori del Parlamento, da segnalare la persistente opposizione di Confindustria, che del resto per proprio Dna è invece favorevole alle forme più estese e avanzate di liberalizzazione e contesta il concetto stesso di “ordine professionale”.
Comunque siamo sicuri che la settimana prenatalizia per il mondo degli “ordinisti” e dei “non ordinisti” sarà molto calda, a dispetto delle temperature meteorologiche.