Milano, 27 dicembre 2025 – Il curatore fallimentare può ancora esercitare il potere di scioglimento di un contratto preliminare di compravendita immobiliare, anche dopo che sia stata emessa una sentenza di esecuzione in forma specifica, a patto che questa non sia diventata definitiva. Lo chiarisce la recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 35612/2024), che interviene su un tema molto discusso nel diritto fallimentare italiano e segna una tappa importante per le procedure concorsuali.
La vicenda coinvolge una società immobiliare con sede a Milano, dichiarata fallita nel gennaio 2022 dal Tribunale locale. Prima del fallimento, l’azienda aveva firmato un preliminare di vendita per un appartamento in zona Porta Romana con una coppia di acquirenti, impegnandosi a trasferire la proprietà a saldo del prezzo pattuito. Quando però l’atto definitivo non è stato stipulato nei tempi previsti, gli acquirenti si sono rivolti al Tribunale per ottenere una sentenza di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., che consente al giudice di far valere gli effetti del contratto definitivo in caso di inadempienza.
Nel frattempo però era arrivato il fallimento e la procedura era passata nelle mani del curatore nominato dal giudice delegato, l’avvocato Piergiorgio Bassi. Temendo che la vendita fosse imposta nonostante lo stato d’insolvenza, il curatore ha comunicato formalmente la volontà di sciogliere il vincolo del preliminare, richiamando l’articolo 72 della legge fallimentare.
Gli acquirenti hanno contestato questo scioglimento. Attraverso l’avvocato Anna Mariani hanno sostenuto che, con la sentenza di esecuzione specifica – anche se non definitiva – il curatore avrebbe perso il diritto di recedere dal contratto. La loro tesi è che quella pronuncia trasformi il preliminare in un contratto definitivo, rendendo “cristallizzato” il rapporto tra le parti.
Il curatore, invece, ha spiegato che il potere di sciogliersi dal contratto resta valido fino a quando la sentenza non diventa definitiva e ha sottolineato come la tutela dei creditori venga prima rispetto agli interessi degli acquirenti, i quali possono solo iscriversi come creditori chirografari nel passivo. “La legge fallimentare – ha detto Bassi – tutela l’interesse collettivo della massa dei creditori, non singoli vantaggi personali.”
La questione è arrivata alla Cassazione, sezione prima civile. I giudici – relatore Francesca Colombo – hanno dato ragione al curatore, ribadendo che “il potere del curatore di sciogliersi dal preliminare non si esaurisce con la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., ma solo quando questa diventa definitiva”. La Corte sottolinea che “prima del giudicato resta intatta la possibilità per il curatore di esercitare lo scioglimento previsto dalla legge fallimentare”, perché fino a quel momento non si è verificato il trasferimento della proprietà e l’acquirente ha soltanto una semplice aspettativa.
Un passaggio chiave della sentenza recita: “L’adozione della sentenza ex art. 2932 c.c., se non definitiva, lascia invariata la situazione giuridica precedente e non priva il curatore degli strumenti previsti dalla legge fallimentare per tutelare la massa.”
Per esperti come l’avvocato Marco Pellegrini dello studio Lexia, questa decisione fa “chiarezza su un punto che negli ultimi anni aveva creato molti contenziosi”. Chi compra immobili da soggetti poi falliti deve “tenere sempre d’occhio lo stato delle procedure” e capire che c’è il rischio reale di perdere l’immobile anche dopo una sentenza favorevole ma non ancora definitiva.
Sul fronte delle procedure concorsuali, la linea della Cassazione rafforza gli strumenti a disposizione dei curatori e permette una gestione più flessibile dell’attivo. Lo evidenzia anche una nota della Federazione Italiana Curatori Fallimentari. Tuttavia, qualche esperto teme che questa interpretazione possa allungare i tempi delle vendite immobiliari nei casi di insolvenza.
Secondo fonti vicine al Tribunale di Milano, gli uffici stanno studiando le conseguenze pratiche della sentenza su altri casi simili pendenti in città. Nel frattempo gli acquirenti coinvolti nel caso Porta Romana hanno annunciato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Intanto per chi lavora nel settore immobiliare e nelle procedure concorsuali questa pronuncia diventa un punto fermo destinato a influenzare prassi e strategie future.
Per ora si chiude uno dei capitoli più complessi del diritto immobiliare e fallimentare degli ultimi anni. Le implicazioni restano però aperte al dibattito tra operatori e studiosi in attesa – forse – di nuovi sviluppi normativi o giurisprudenziali.
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