Roma, 12 dicembre 2025 – Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha fatto chiarezza oggi a Montecitorio, durante la seduta della Commissione Finanze, su un tema che negli ultimi mesi aveva creato parecchio confusione tra professionisti e imprese. Ha spiegato che i contributi ricevuti durante la pandemia non devono essere sottratti dalle perdite fiscali riportate nei bilanci delle aziende italiane. Una precisazione che arriva dopo settimane di dubbi e interpretazioni contrastanti, tracciando una linea netta sul modo di calcolare le perdite.
Il nodo della questione, affrontato stamattina intorno alle 10.40, riguarda in particolare i ristori dati dallo Stato nel 2020 e 2021 per far fronte alle chiusure imposte dalla pandemia. “I contributi a fondo perduto erogati in quel periodo sono stati pensati come interventi straordinari, non come entrate ordinarie”, ha spiegato Leo davanti ai parlamentari della commissione. Da qui la posizione del Ministero dell’Economia e delle Finanze: quei soldi non vanno conteggiati come ricavi quando si calcolano le perdite fiscali. La conferma arriva proprio mentre molti commercialisti si preparavano a chiudere i conti di fine anno.
Questo chiarimento interessa soprattutto le piccole e medie imprese (PMI), che in quegli anni difficili hanno usato quei fondi per coprire spese correnti, pagare salari o semplicemente restare aperte. Il dubbio era se i ristori potessero o meno influenzare le perdite da portare avanti per compensarle negli anni a venire.
Nei mesi scorsi, diversi ordini professionali avevano chiesto un’interpretazione chiara. Le prime versioni delle istruzioni ministeriali lasciavano spazio a dubbi su come contabilizzare quei contributi, creando confusione soprattutto tra i revisori contabili. La posizione presa oggi da Leo risponde alle richieste arrivate dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, che già a fine settembre aveva scritto al Mef per un chiarimento.
Le ultime indicazioni del dicastero guidato da Giorgetti definiscono quei contributi “somme straordinarie pensate per affrontare una crisi senza precedenti” e quindi non assimilabili ai ricavi ordinari. Il viceministro ha aggiunto che “la scelta fatta tiene conto della necessità di non penalizzare chi ha subito veri danni economici”. In sostanza, per calcolare la perdita fiscale si dovranno considerare solo i risultati ordinari del conto economico.
La comunicazione del Mef è stata accolta positivamente dai rappresentanti delle associazioni di categoria. “È un passo avanti che evita ulteriori penalizzazioni per le aziende già messe alla prova”, ha detto Andrea Bolla, presidente di Confartigianato Imprese Roma, al termine dell’audizione. Negli scorsi mesi molte imprese avevano segnalato il rischio che includere i ristori nel calcolo delle perdite avrebbe limitato la possibilità di dedurle in futuro.
Secondo stime di Confcommercio, più di 1,2 milioni di partite Iva hanno ricevuto almeno un contributo Covid nel biennio emergenziale. Numeri importanti soprattutto nei settori turistico e della ristorazione dove – raccontano alcuni imprenditori – “quei soldi sono stati una vera ancora di salvezza”. Ma proprio su questi fondi erano nati dubbi sul loro peso negli utili da recuperare negli esercizi successivi.
D’ora in poi il quadro è più chiaro: le aziende potranno continuare a portare avanti le perdite senza che i ristori incidano sul calcolo finale. Un dettaglio importante per chi – come sottolinea Francesco Naccarato, fiscalista romano – “deve pianificare la compensazione delle perdite guardando anche agli anni futuri”.
Il Ministero ha ricordato che resta fondamentale la trasparenza nella dichiarazione dei dati: eventuali irregolarità riguardo ai requisiti per accedere ai contributi saranno valutate caso per caso dall’Agenzia delle Entrate. Sul punto Leo è stato chiaro: “Chi ha preso fondi senza averne diritto dovrà restituirli, ma questa è un’altra questione rispetto al calcolo delle perdite fiscali”.
Rimane da vedere se nei prossimi mesi arriveranno nuove circolari con ulteriori spiegazioni. Per ora però il viceministro ha tolto dal tavolo un equivoco che rischiava di aprire nuovi contenziosi con l’Erario. Una chiarezza – dicono i commercialisti – che vale molto più di tante tabelle Excel.
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