Milano, 24 dicembre 2025 – Sta facendo molto rumore in tutta Italia la nuova lettura dell’esclusione del 95% sugli utili nelle operazioni societarie. Ieri, nel primo pomeriggio, l’Agenzia delle Entrate ha diffuso una circolare che chiarisce come il regime agevolato previsto dall’articolo 89 del TUIR non sia più così automatico. Il vantaggio fiscale, infatti, dipende da condizioni precise legate all’entità della partecipazione nelle società interessate. Insomma, non basta più la semplice presenza della quota: bisogna verificare bene caso per caso.
Il nodo della questione resta il “95%”. Secondo la legge, gli utili che le società di capitali residenti incassano da partecipazioni almeno del 10% in altre società sono tassati solo per il 5%, mentre il 95% viene escluso. Ma la recente interpretazione ribadisce che questa esclusione non scatta d’ufficio. Bisogna controllare con cura che quella quota sia stata mantenuta non solo quando si distribuiscono gli utili, ma anche nei mesi e negli anni prima.
“Le indicazioni sono piuttosto nette”, ha spiegato l’avvocato tributarista Francesca Morini, intervenuta in un seminario a Milano. “La partecipazione minima deve esserci sempre, non solo sulla carta. Se manca anche per poco tempo, si rischia di perdere il beneficio”. Così molte aziende stanno rivedendo le loro posizioni azionarie – fra fusioni, scissioni e ristrutturazioni – per non trovarsi con brutte sorprese.
La novità sta già creando agitazione tra i commercialisti. Stamattina, negli uffici di via Meravigli a Milano, diversi professionisti hanno acceso un dibattito sulle conseguenze pratiche. “Non è solo una questione di numeri”, ha detto Luca Gatti, revisore contabile. “È soprattutto una sfida per chi deve pianificare le strategie di gruppo: un errore sulla percentuale può costare caro”.
Le associazioni di categoria – come l’Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano – chiedono subito chiarimenti. La presidente Silvia Panizzi ha sottolineato che molte aziende potrebbero dover correggere bilanci già approvati e magari affrontare recuperi fiscali inattesi. “Serve una risposta urgente”, ha detto, “per evitare incertezze e rischi inutili”.
Il problema tocca ancora più da vicino le operazioni straordinarie: fusioni e scissioni rischiano di trasformarsi in un terreno minato. Perché la partecipazione richiesta va rispettata anche quando cambia rapidamente la compagine sociale. Solo ieri sera una grande azienda farmaceutica milanese – che preferisce restare anonima – ha confermato di stare valutando la sospensione temporanea di una fusione proprio per evitare contestazioni sulla percentuale da escludere.
Gli esperti avvertono: le verifiche dell’Agenzia probabilmente punteranno sui passaggi più delicati della vita societaria. Cambi improvvisi nella compagine azionaria, aumenti o riduzioni di capitale e movimenti infragruppo poco chiari potrebbero attirare l’attenzione. Come spiega il fiscalista torinese Marco Calabrini, “l’unica arma è documentare tutto nel dettaglio e tenere aggiornati i registri delle quote”.
Per le società coinvolte la parola chiave diventa quindi “tracciabilità”. Non bastano più autocertificazioni o verbali sommari: serve tenere pronti documenti precisi e aggiornati sulla detenzione delle partecipazioni. Le verifiche fiscali potrebbero allungarsi nel tempo; come ricorda un funzionario delle Entrate, si potrà andare indietro fino a cinque anni prima della distribuzione degli utili.
In definitiva, l’esclusione del 95% resta uno strumento prezioso per risparmiare sulle imposte ma richiede uno sguardo sempre attento ai dettagli formali. Chi saprà mostrare senza ombre il proprio diritto eviterà problemi in futuro.
“Il vero rischio”, confida un consulente fiscale romano contattato oggi pomeriggio al telefono, “è quello della retroattività: si potrebbe pagare anche su esercizi già chiusi”. Intanto la platea degli interessati è vasta – dalle grandi holding alle piccole imprese operative – e sembra che l’Agenzia voglia mantenere questa linea dura nei prossimi mesi. Resta da vedere quali saranno gli effetti concreti di questa stretta sulle scelte delle imprese italiane.
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