Adesso basta poltrone, l’emergenza vera è il lavoro
«L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro», recita l’articolo 1 della nostra Costituzione. Ma basta dare un’occhiata ai dati Istat sull’occupazione a gennaio 2013 per rendersi conto che non è così. Perché in Italia, a fine gennaio 2013 gli occupati, cioè chi ha un lavoro (anche precario) erano 22 milioni e 668mila su un totale di 60 milioni 820mila abitanti. Come dire che a malapena il 37% degli italiani lavora. E il 63% come vive? Tre milioni alla stessa data erano i disoccupati (cresciuti in un solo anno di 554mila unità), 14,2 milioni gli inoccupati, più di 13 milioni i pensionati, quasi 8 milioni i ragazzi e gli studenti, un milione i cassaintegrati. Conclusione: poco più di un terzo della popolazione lavora per mantenere gli altri due terzi.
Questi dati sono stati resi pubblici i primi giorni di marzo. Ma in pochi se ne sono resi conto, giornali e televisioni compresi, distratti dai risultati delle elezioni e dall’infinita discussione per chi si accaparra le poltrone in Parlamento. Pochi piccoli titoli per ribadire l’emergenza giovani e l’emergenza Sud, ormai “non notizie” nel bollettino infinito della crisi. Nel frattempo i sindacati spiegano che c’è almeno un altro milione di italiani che rischiano il posto di lavoro fra aziende in crisi e nuovi lavori che non decollano. Ma che cosa si fa?
Anche il paracadute del lavoro autonomo non funziona più
Chi erano i 22,7 milioni di italiani che a gennaio 2013 stavano ancora lavorando?
- I dipendenti a tempo indeterminato erano 12 milioni 363mila, pari al 54,2% del totale, in calo del 2,8% rispetto a un anno prima (-361mila unità);
- I dipendenti part-time 2 milioni e 496mila, il 10,9%, in aumento quasi del 9% (+204mila);
- I dipendenti a termine (precari) 2 milioni e 367mila, sostanzialmente stabili nei 12 mesi anche se circa 50mila hanno visto passare il loro contratto dal tempo pieno al part time;
- Gli autonomi erano 5 milioni e 579mila, in aumento di circa 11mila unità (meno del 2%), ormai rappresentano il 24,6% della forza lavoro nazionale, ma anche qui con il passaggio di circa 32mila persone dal tempo pieno al part time.
Il bollettino di guerra di fine 2012 presentato dall’Istat rivela anche un altro dato fondamentale. Il lavoro autonomo fa sempre più fatica ad assorbire i cali occupazionali dei dipendenti soprattutto nell’industria e nelle costruzioni e soprattutto al Centro e al Sud: durante il 2012 l’industria ha visto un calo dell’occupazione autonoma (-1,2%) solo leggermente più contenuto rispetto a quello dei dipendenti (-3,5%). Situazione leggermente meno drammatica nei servizi, soprattutto al Nord, dove l’occupazione autonoma risulta in crescita dell’1,1% nel corso del 2012 (concentrata soprattutto al Nord) contro una contrazione dei dipendenti dello 0,3%.
Eppure le illusioni ottiche della statistica ci dicono che il “tasso di occupazione” nazionale in un anno è aumentato di ben un punto virgola uno per cento, dal 63 al 64,1%. Più gente ha trovato lavoro? No, più gente si è rimessa a cercarlo. Poco importa che siano sempre meno quelli che lo trovano.