Basta cassa integrazione, vogliamo tutele anche noi!

L’utilità e la sostenibilità del Reddito di cittadinanza, inserito nel programma del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, hanno aperto un vivace dibattito. Affrontato sul nostro sito e da illustri economisti come Tito Boeri e Roberto Perotti sul sito lavoce.info. Boeri e Perotti sostengono che chiamarlo “reddito di cittadinanza” è un errore, perché in questo caso dovrebbe essere corrisposto a tutte le persone con più di 18 anni che non lavorano, cioè almeno 20 milioni, con un costo di almeno 300 miliardi di euro l’anno, circa il 20% del Pil. Un risultato non lontano dalle nostre valutazioni, semplicemente impossibile da sostenere sotto il profilo economico e, come abbiamo ripetuto più volte, col rischio di rendere impraticabile il mercato del lavoro, perché a molti converrebbe non lavorare e incassare il sussidio “di cittadinanza” o lavorare in nero per non perderlo.
In effetti nessun Paese europeo ha oggi un sistema simile al reddito di cittadinanza proposto da Grillo. La maggior parte ha invece un sistema basato sul Reddito minimo garantito o un’ Integrazione al reddito per chi non ce la fa. Un sistema simile, che sostituisca le attuali forme di ammortizzatori sociali italiane, cioè la cassa integrazione (ordinaria e straordinaria), l’indennità di mobilità per chi perde il posto di lavoro e i sussidi di disoccupazione previsti per alcune categorie per un certo periodo avrebbe invece molto più senso. Una soluzione condivisibile perché eviterebbe gli effetti distorsivi della cassa integrazione che “lega” il lavoratore all’azienda in crisi e, di fatto, non gli consente di riqualificarsi e rimettersi in gioco sul mercato del lavoro.
La cassa integrazione ordinaria o straordinaria riguarda infatti solo aziende con determinati requisiti dimensionali (non le microaziende) e mai, in nessun caso, gli autonomi e le partite Iva. L’integrazione al reddito minimo avrebbe invece il vantaggio di aiutare gli autonomi, oggi privi di welfare consentendo di aiutare molte più persone che fanno parte di quel 65% di famiglie italiane in difficoltà economiche rilevate ai primi di marzo dall’Istat.
Quanti soldi si potrebbero recuperare smantellando le inefficienze del vecchio sistema di welfare? Nel 2012 cassa integrazione, mobilità e sussidi sarebbero costati allo Stato (Inps, ministero del Welfare e regioni) 18,5 miliardi di euro. Erano 17,9 nel 2011, 18,9 nel 2010. Decisamente più dei 10,4 miliardi che si stima possano essere recuperati dall’abbattimento dei costi della politica. In ogni caso sommando le due voci, una cifra di 28/29 miliardi di euro spesi per il sostegno al reddito delle famiglie in difficoltà ci avvicinerebbe molto di più agli standard di welfare nord europei di quanto non avvenga oggi.