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Camusso: Abbiamo sbagliato a non difendere le partite Iva

Politica 12 Agosto 2013

“Abbiamo sbagliato a non usare la forza collettiva dei più garantiti per difendere anche le persone senza contratto o con un contratto atipico”. E’ il mea culpa nei confronti dei precari e dei liberi professionisti di Susanna Camusso, segretario generale del primo sindacato italiano, che, in questa intervista, parla a tutto tondo dei problemi e delle tutele delle partite Iva.

 

 

Segretario Camusso, i sindacati, in particolare la CGIL, sono accusati di trascurare le istanze dei liberi professionisti concentrandosi sui lavoratori dipendenti. Come replica a queste accuse?

Le organizzazioni sindacali in Italia rappresentano da sempre il lavoro dipendente e i pensionati e sono legittimamente chiamati a difendere i diritti e la dignità di questi lavoratori e lavoratrici. Detto questo, come ho già avuto modo più volte di ricordare, la Cgil ha aperto da tempo una riflessione anche sui limiti della propria azione  e si è interrogata su come si è infranta la solidarietà tra i lavoratori stabili e non. Ad un certo punto ci si è rassegnati all’idea che i contratti non fossero più il luogo dove definire le norme per il mercato e l’organizzazione del lavoro. L’assunto di questa riflessione è  che la difesa del lavoro oggi non inizia più con la categoria a cui si appartiene ma con le condizioni di reddito e di sicurezza sociale in cui si versa.

 

Come difendere le partite Iva allora?

Pensiamo, e ne siamo convinti, che ci siano diritti sociali che vanno assicurati a tutti i lavoratori e, per questo, chiediamo da tempo di rendere universali gli ammortizzatori sociali. Abbiamo chiesto, ad esempio, di estendere l’Aspi a tutte le forme di lavoro atipico, comprese le partite Iva individuali senza dipendenti con priorità per chi opera in regime di monocommittenza. Abbiamo anche chiesto di allargare la copertura della cosiddetta “una tantum” che si è rivelata una copertura del tutto inadeguata a causa di criteri attuativi molto restrittivi. La conferma è che ne ha fruito un numero molto ristretto di collaboratori a progetto, producendo l’assurdità che in 4 anni si avevano a disposizione oltre 200 milioni di euro e se ne sono spesi solo il 20%, lasciando senza sostegno migliaia di lavoratori e in particolare tanti giovani con alte professionalità. Questo sostegno al reddito va allargato a tutti gli iscritti alla gestione separata dell’Inps, comprese le partite Iva individuali, perché sono proprio questi lavoratori, assieme alle fasce più deboli del lavoro, che più frequentemente, in questi duri anni di crisi, hanno perso il lavoro senza alcun tipo di sostegno nei periodi di disoccupazione.

 

In questo momento le partite Iva sono gravate dal peso dell’eccessiva  contribuzione previdenziale.  Qual è la posizione di Cgil?

Senza minimi di compenso è impensabile chiedere a questi lavoratori e lavoratrici ulteriori sacrifici che si scaricano direttamente sul loro già esiguo reddito netto.

 

Negli ultimi mesi si è registrato un calo nell’apertura delle nuove partita Iva. Effetto della crisi o della legge Fornero?

Le difficoltà occupazionali tra i lavoratori autonomi sono iniziate prima dell’approvazione della riforma Fornero, come dimostra il saldo negativo tra aperture e chiusure d’attività dell’intero 2012. Le ragioni sono molteplici. Ovviamente la crisi incide moltissimo anche sul lavoro autonomo e questo, insieme alla riduzione della copertura del regime fiscale dei “minimi” (il cosiddetto forfettone) e all’assenza di ammortizzatori e di politiche di sostegno, soprattutto verso il lavoro autonomo giovanile e intellettuale, sta determinando un’emorragia di decina di migliaia di posti di lavoro, in particolare tra il lavoro atipico e le partite Iva individuali. Sulla riforma del mercato del lavoro, in materia di partite Iva, abbiamo sempre sostenuto che, sotto l’intenzione di combattere l’abuso di questa modalità lavorativa, si sia creata una gestione farraginosa e contradditoria che ha determinato gravi incertezze applicative di cui si sono avvantaggiate le imprese che già ne abusavano e, paradossalmente, ha scoraggiato quelle che ne facevano un uso corretto.

 

Come si contrastano gli abusi?

Il legislatore deve definire i contorni e i limiti entro i quali operare, rafforzando le forme di controllo. Per il resto devono essere le parti sociali a specificare, anche per il lavoro atipico e professionale, quali sono le modalità e le regole di lavoro che consentono l’utilizzo del lavoro autonomo individuale nei vari settori e aree professionali, quali i giusti compensi al di sotto di cui non si può operare né da dipendente né da autonomo, quali le modalità d’accesso alle tutele sociali (malattia, maternità, infortuni, formazione). Il legislatore non sarà mai in grado di farlo per tutti i settori merceologici, per le varie professionalità in continua evoluzione e specializzazione e tenendo conto dei diversi andamenti di mercato. In questo l’atteggiamento non collaborativo di molte controparti datoriali non ha aiutato.

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