Debito pubblico, vendere i beni dello Stato per far cassa
Parafrasando una famosa espressione, potremmo dire che un fantasma si aggira da anni per l’Italia: il debito pubblico. Quello che lo Stato in maniera abnorme ha accumulare dagli anni Ottanta in poi, senza riuscire a frenarlo. Nonostante periodi in cui si è riusciti a ingranare una salutare marcia indietro, la verità e che il nostro settore pubblico ha sempre continuato a spendere più di quanto incassasse, con il risultato che oggi siamo arrivati a livelli inaccettabili. Gli ultimi dati forniti dalla Banca d’Italia dicono che attualmente il debito vale poco più di 2.000 miliardi di euro. Una cifra che rappresenta il 130% del nostro Pil, ossia di tutto quanto il nostro Paese riesce a produrre in un anno. Si tratta di una vera e propria ipoteca che grava sulla testa di ogni italiano, senza distinzioni di sorta. Non dobbiamo dimenticare che sul maledetto debito noi paghiamo profumati interessi, che sottraggono ogni anno risorse fondamentali alla nostra economia. Risorse che ovviamente i governi non potendo recuperare in altro modo, rastrellano con le tasse, generando una pressione fiscale arrivata al 44%, ovvero un valore tra i più alti in assoluto tra i Paesi evoluti. E allora, come fare per coprire la voragine e avere le risorse necessarie per poter abbassare la pressione fiscale? La risposta sta nelle opportunità offerte dalla vendita del patrimonio pubblico: dismissioni e privatizzazioni.
Un tesoro inestimabile
Da tempo tra gli economisti, qualsiasi sia il loro credo ideologico, si è fatta strada la convinzione che l’unica salvezza del nostro Paese, da un punto di vista finanziario, risiede nel grande patrimonio posseduto dallo Stato. Badate bene, stiamo parlando di valori inestimabili nel senso che nessuno è ancora riuscito a valutare a quanto ammonti effettivamente il nostro patrimonio. Anche perché tra proprietà che fanno capo allo Stato centrale, alle Regioni, ai Comuni, e ai tantissimi enti che nei decenni sono fioriti nel nostro Paese siamo di fronte a un patrimonio difficile da catalogare.
Un programma che vale 400 miliardi
In questo senso la proposta lanciata al governo Letta, è quella messa a punto da alcuni esperti del Pdl, uno dei partiti di maggioranza. Ne è venuto fuori un programma che tra dismissioni, privatizzazioni e rivalutazioni, vale circa 400 miliardi di euro. Il progetto, complesso e articolato, prevede l’istituzione di una società ad hoc, denominata Sgr, Società di gestione del risparmio, all’interno della quale verrebbe conferita una buona parte del patrimonio dello Stato. Poi questa stessa società si incaricherebbe di mettere in vendita o ricontrattare i beni acquisti, trasferendo allo Stato i surplus ottenuti. In questo caso senza dubbio è qualcosa più facile a dirsi che a farsi. Operazioni simili, sono state già più volte tentate senza successo in passato, e questo perché gli ostacoli burocratici e amministrativi da superare sono decisamente complessi. D’altro canto, sul fronte del debito pubblico, l’Italia presto sarà costretta a mettersi in regola, perché ce lo chiederà l’Europa. Dal 2015 in poi, l’Italia dovrà ridurre di circa 45 miliardi all’anno il proprio debito, per fare in modo che in 20 anni arrivi, dal citato attuale 130% del Pil al 60%, come prescrivono appunto le norme approvate dall’Ue. Quindi, cominciare con i 400 miliardi di euro, sarebbe un modo per mettersi a camminare, se non a correre, con un po’ di anticipo, evitando sacrifici troppo pesanti negli anni a venire. Vedremo quale scelta opererà in questo senso il governo Letta.