E adesso il Pd comincia a corteggiare le partite Iva

“Per chi, come me, ha meno di 40 anni e fa politica, le partite Iva non sono una categoria di cui diffidare: io conosco solo precari e partite Iva». Così il deputato bi-rottamatore Pippo Civati, classe 1975, membro della direzione nazionale del Pd e con tutta l’intenzione di candidarsi alla segreteria al prossimo congresso, accorcia le distanze tra il suo partito e il popolo delle partite Iva.
La diffidenza del Partito democratico verso i liberi professionisti è solo un fatto generazionale?
È un atteggiamento che mi pare esista solo da parte di settori tradizionali. Un tempo le partite Iva e il contratto precario (inteso come “non a tempo indeterminato”) o da consulente erano considerati qualcosa di strano. Oggi è il posto fisso che fa eccezione. La piramide si è rovesciata. Di fatto i problemi delle partite Iva riguardano un’intera generazione di lavoratori. Prevedo che il pregiudizio cadrà presto definitivamente.
Quindi siete pronti a intercettare i voti di quanti, tra i titolari di partite Iva, sono stati delusi da Berlusconi e dalla destra?
Sì, ma ci riusciremo solo se ci metteremo davvero dalla parte del lavoro. Ho l’impressione che spesso l’approccio alla questione sia retorico. Il primo segnale da dare sarebbe, invece, alleggerire chi lavora sul piano fiscale. Prima si riducano le tasse sul lavoro e poi si chieda di pagarle.
Questo vale anche sul piano contributivo? L’aumento dei versamenti alla gestione separata metterà in seria difficoltà gran parte dei lavoratori autonomi. Il Pd ha intenzione di bloccarlo?
Potrei fare affermazioni demagogiche e dire che deve essere bloccato. In realtà spero che ci sia una riflessione complessiva sull’occupazione e, in particolare, sul contratto unico di Tito Boeri, di cui si parla spesso in questa fase. E’ un consiglio che viene anche dal Fondo Monetario Europeo. Basta procedere per “correzioni di correzioni”: in definita sono state presentate così sia la riforma Fornero sia l’eventuale intervento su questa stessa riforma. E’ necessario un approccio più strutturale.
Finora, a suo parere, il Governo Letta ha preso provvedimenti giusti in questa direzione?
In una situazione in cui non ci sono grandi risorse il “decreto del fare” è un decreto estivo: ci sono solo piccole mosse che non cambieranno la vita né alle partite Iva né ai lavoratori dipendenti. La verità è che questo Governo naviga a vista sia sull’aumento dell’Iva sia sulla questione Imu. Non si capisce perché, in previsione della cancellazione di una tassa sul patrimonio, che c’è in tutti i Paesi del mondo e che forse dovrebbe essere più incisiva per colpire i patrimoni più grandi, alla fine dobbiamo gravare su chi lavora e chi produce. È una promessa elettorale di Berlusconi a cui il Governo deve rendere conto. Sono i prezzi di un’indecisione e di un’incertezza che, a causa dell’operazione “larghe intese”, su questo Esecutivo grava sin dall’inizio. Lo dico con dispiacere. Vorrei che il Governo fosse più incisivo.
Sarebbe più giusto sacrificare le spese militari per investire maggiormente a vantaggio dei lavoratori?
Anche le spese militari devono entrare in una riflessione più complessiva. Devono essere inquadrate in un contesto europeo. Mi riferisco soprattutto ai grandissimi investimenti come quelli degli F35. Non è demagogia dire che, se si chiede uno sforzo a lavoratori dipendenti, autonomi, comuni, sanità, scuola, non si capisce perché sulla Difesa non si possa aprire una riflessione “laica”.