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Redditi e separazione: come le dichiarazioni fiscali influenzano le decisioni legali

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Luca Ippolito

Roma, 10 giugno 2024 – Quando si parla di assegno di mantenimento o di assegno divorzile nei tribunali italiani, il giudice non deve per forza basarsi solo sulle dichiarazioni dei redditi presentate dalle parti. Lo ha chiarito una recente sentenza della Corte di Cassazione, che sottolinea come il magistrato debba guardare all’insieme della situazione economica dei coniugi, andando oltre i numeri ufficiali e tenendo conto del tenore di vita vissuto durante il matrimonio.

Dichiarazioni fiscali: solo una parte della storia

Per la Corte, le dichiarazioni dei redditi sono solo uno degli elementi da considerare. Non sono vincolanti, si legge nelle motivazioni, perché spesso non raccontano tutta la verità sulla disponibilità reale di denaro. Succede che i redditi dichiarati siano più bassi rispetto a quelli effettivi, per motivi che vanno dall’evasione alle forme più sottili di elusione. Per questo, il giudice deve valutare anche altri segnali: proprietà immobiliari, movimenti sui conti correnti, spese per i figli o per sé stessi.

Il tenore di vita: la bussola per l’assegno

Il vero punto di riferimento resta il tenore di vita mantenuto durante il matrimonio. È questo che guida la decisione sull’assegno di mantenimento. La Cassazione spiega che il giudice deve ricostruire la situazione economica “nel suo complesso”, senza fermarsi ai documenti fiscali. Solo così si può decidere se e quanto spetti al coniuge più debole dal punto di vista economico. “Non basta guardare i numeri sulla carta – dice un avvocato romano esperto in diritto di famiglia – bisogna capire come vivevano davvero i coniugi: viaggi, auto, case, abitudini”.

Indagini e prove per fare luce

Per arrivare a una decisione giusta, il tribunale può ordinare controlli sui conti bancari, chiedere dati all’Agenzia delle Entrate o acquisire altri documenti. A volte si ascoltano anche testimoni – amici, parenti, collaboratori domestici – per capire le spese e lo stile di vita reale. “Spesso emergono differenze tra quello che si dichiara e quello che si spende veramente”, racconta una giudice del Tribunale di Milano specializzata in diritto di famiglia. “Le dichiarazioni dei redditi sono solo un punto di partenza”.

Cosa cambia nelle cause di separazione

Questo approccio ha effetti concreti nelle cause di separazione e divorzio. Chi pensa di abbassare l’assegno dichiarando meno redditi rischia di vedersi scoperchiare la verità dalle indagini del giudice. Dall’altra parte, chi chiede un assegno alto deve dimostrare con prove solide il proprio stile di vita passato. Secondo il Ministero della Giustizia, nel 2023 in Italia ci sono state oltre 90mila cause di separazione e divorzio, molte delle quali legate proprio alla questione dell’assegno.

Il punto di vista degli avvocati

Gli avvocati matrimonialisti apprezzano la linea della Cassazione. “È una tutela importante per chi rischia di essere danneggiato da dichiarazioni false”, spiega Francesca Bianchi, avvocata dell’AMI (Associazione Matrimonialisti Italiani). Però ammette che non è sempre facile mettere insieme tutte le informazioni necessarie. “Ricostruire la situazione economica reale non è semplice – dice Bianchi – soprattutto se ci sono società estere o patrimoni intestati ad altri”.

Sguardo al futuro: più controlli contro le frodi

La sentenza invita a fare più attenzione alle frodi e sottolinea l’urgenza di strumenti migliori per accertare davvero quanto hanno a disposizione i coniugi. Alcuni esperti propongono banche dati condivise tra tribunali e fisco. Nel frattempo, chi affronta una causa di separazione dovrà prepararsi a mostrare documenti dettagliati e a rispondere a domande precise sulle proprie spese.

Insomma, la giurisprudenza è chiara: nelle cause di separazione e divorzio, il giudice non si ferma alle dichiarazioni dei redditi ma cerca di ricostruire la vera vita familiare. Un modo per garantire più giustizia tra ex coniugi e proteggere chi è più vulnerabile.

Luca Ippolito

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