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Consulenti finanziari indipendenti, mancano i soldi per fare l’albo

Risparmi 13 Novembre 2012

Era atteso per la fine del 2012 ma, anche quest’anno e per problemi di costi eccessivi, quasi sicuramente non nascerà l’Albo nazionale dei consulenti finanziari indipendenti (o indipendent financial advisors). Si tratta di una categoria emergente di lavoratori autonomi con partita Iva che si stanno facendo strada nel mondo del risparmio e che offrono la loro consulenza al pubblico sui prodotti d’investimento da acquistare, selezionando i migliori sul mercato, senza nessun conflitto di interessi. Il lavoro di questi professionisti, che si pongono in alternativa ai tradizionali promotori finanziari, viene infatti remunerato con il meccanismo del fee-only, cioè soltanto con le parcelle pagate direttamente dal cliente per il servizio ricevuto, come avviene quando si va da un medico, da un commercialista o da un avvocato.

 

Financial advisor indipendenti

Il consulente indipendente, a differenza dei promotori finanziari, non ha rapporti commerciali di alcun tipo con chi offre i prodotti d’investimento, cioè con le banche, le società di gestione del risparmio o le compagnie assicurative, da cui non incassa nemmeno un centesimo sotto forma di commissioni per il collocamento.

Inoltre, il financial advisor non può neppure toccare direttamente il capitale dei clienti, ma si limita a indicare loro la soluzione adatta per far fruttare il loro patrimonio. Le operazioni d’investimento sono fatte dai risparmiatori attraverso i canali tradizionali, cioè negli sportelli delle banche.

Il tutto, in cambio di una parcella (fee) per il servizio di consulenza, che di solito ammonta allo 0,5-1% del capitale investito. Per esempio, chi investe una somma di 100.000 euro paga al suo financial advisor una fee di 500-1.000 euro all’anno.

 

Nessun conflitto d’interesse

Soltanto così, a detta di alcuni osservatori, le famiglie italiane possono evitare il rischio di imbattersi, come è avvenuto spesso in passato, in prodotti finanziari scadenti che fanno guadagnare soltanto chi li vende e non chi li acquista.

L’Albo professionale dei consulenti indipendenti (che esistono in Italia da almeno un decennio) dovrebbe includere tutti i professionisti abilitati a offrire questo tipo di servizio, in base a requisiti etici e di onorabilità e dopo il superamento di un esame. Per adesso, tuttavia, dell’Albo si sono perse le tracce. L’ostacolo alla sua creazione è rappresentato da una spesa, stimata nell’ordine di 2 milioni di euro, necessari per istituire gli organi e reclutare il personale che vigilerà sull’attività dei consulenti.

 

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