Imu 2013, sul tavolo tre ipotesi per dare la svolta

Il presidente del Consiglio Enrico Letta, partendo per il suo viaggio nelle capitali europee, aveva liquidato l’aspra polemica sull’Imu come una “inutile cagnara”. Eppure le decisioni che in queste ore stanno riguardando i destini dell’imposta sugli immobili sembrano sempre più minacciare il futuro stesso del nuovo esecutivo. Dal Pdl, infatti, continuano a ripetere che bisogna arrivare per quest’anno all’abolizione della tassa sulla casa. Il capogruppo alla Camera Renato Brunetta, in una posizione al dire il vero sempre più isolata, ripete che il governo dovrà anche trovare i soldi per restituire quanto già pagato nel 2012. Trovare i soldi, appunto. Questo è il problema quando si parla di Imu, considerando che i vincoli di bilancio a cui siamo sottoposti restano strettissimi. In questo senso pare del tutto esclusa l’ipotesi di una possibile restituzione dell’imposta versata l’anno scorso. Più plausibile, invece, che si arrivi a una ridefinizione della tassa, fin da quest’anno, considerando che comunque anche l’obiettivo della sua totale abolizione sembra sempre più lontano, visto che getterebbe sul lastrico migliaia di Comuni che non avrebbero più le risorse per gestire i servizi locali. Sul tappeto, molto più verosimilmente, restano allora tre possibili ipotesi.
Tassa sui servizi
Il premier Letta, quando qualche giorno fa ha annunciato lo stop alla prima rata di giugno dell’Imu, contestualmente ha precisato che la questione della tassazione degli immobili sarebbe stata analizzata e approfondita in tempi brevissimi all’interno di un provvedimento ad hoc. Alle viste potrebbe esserci un decreto legge che dovrebbe fare chiarezza sull’intera materia. Tra le prime soluzioni sul tappeto ci sarebbe quella di riconsiderare una vecchia ipotesi di imposta nota come “service tax”, ossia tassa sui servizi. Era un’idea nata all’interno della commissione bicamerale sul federalismo, che qualche tempo fa, aveva individuato proprio in questa tassa una sorta di maxi-imposta che ingloberebbe tutti i servizi forniti a livello locale. Una tassa che possa mettere insieme Imu, Tares e servizi connessi, e che verrebbe calcolata sulla base delle dimensioni della propria abitazione, tenendo conto di maggiorazioni da applicare a eventuali immobili di pregio.
Imposta alla tedesca
La seconda idea a cui i tecnici del governo Letta starebbero lavorando prenderebbe come modello l’imposta sugli immobili attiva in Germania dove la tassa in questione è lasciata in gestione interamente ai Länder (gli Stati federati), quindi completamente gestita a livello locale. Nel nostro caso sarebbero le Regioni ad avere la responsabilità di modulare la nuova Imu, passando prima da una rivalutazione delle rendite catastali, presupposto essenziale per poter arrivare a definire degli importi che siano davvero efficaci al funzionamento delle macchine amministrative locali.
Semplice rimodulazione
La terza ipotesi allo studio è quella ventilata da alcuni giorni. Consisterebbe nel mantenere l’attuale assetto normativo, ma con alcune importanti correzioni. Una su tutte prevede che la soglia di esclusione sulla prima casa salirebbe dagli attuali 200 euro a 500 euro. Una soluzione che da sola permetterebbe di non far pagare l’Imu sulla prima casa a circa il 90% dei contribuenti. In questo caso la tassa sulla prima abitazione resterebbe in vigore solo per gli immobili di più alto valore economico. Nel frattempo Letta è tornato dal suo viaggio europeo e la cagnara che aveva lasciato non si è placata. Dunque tra le sue prime incombenze c’è proprio quella di definire il futuro dell’Imu, prima che da semplice querelle parlamentare non diventi un vero ostacolo alla prosecuzione di un lavoro di governo non ancora iniziato.