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Imu, prove tecniche per la nuova tassa sugli immobili

Tasse 10 Luglio 2013

Abolizione, rimodulazione, accorpamento. Sono queste le parole che in perfetto burocratese si stanno utilizzando in ambito politico per immaginare il destino dell’Imu, l’odiata tassa sulla casa. L’obiettivo è cambiare in tutti i modi possibili la formula originaria predisposta dal governo Monti e ritenuta da tutti vessatoria. Eppure, nonostante ci sia un generale accordo sul fatto che l’Imu vada modificata, c’è totale confusione su come ciò debba avvenire. L’unica certezza ha cercato di fornirla qualche giorno fa il presidente del Consiglio Letta, quando ha annunciato che entro il 15 agosto sarà trovata una soluzione. Vediamo quali sono le proposte di modifica sul tappeto e quanto valgono economicamente, visto che il vero scoglio è proprio questo: trovare un modello di nuova imposta sugli immobili che abbia la necessaria copertura finanziaria.

 

Abolizione: l’idea meno percorribile

L’intervento più radicale che viene ventilato ormai da mesi, visto che risale all’ultima campagna elettorale, arriva dal Pdl: totale abolizione dell’Imu su tutte le prime case. Un provvedimento, però, che il governo ha escluso fin dall’inizio, creando non poche frizioni soprattutto con il capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta. Le ragioni non sono di ordine politico, ma strettamente economiche. Una misura di questo tipo costerebbe alle casse dello Stato più di 4 miliardi di euro, una cifra che i nostri conti pubblici in questo momento non possono permettersi.

 

Aumentare la franchigia

Il Pd, invece, sul tema dell’Imu sta provando ad immaginare modifiche e rilanciare soluzioni che possano apparire più di compromesso. A questo proposito una delle idee prese in considerazione prevede di aumentare la franchigia entro cui non si paga l’Imu fino a 600 euro. Una cifra che terrebbe fuori dal versamento una larga fascia di abitazioni, soprattutto quelle appartenenti ai ceti medi o più disagiati. In questo modo a pagare l’imposta sulla prima casa sarebbero solo i più ricchi: proprietari di ville, palazzi o addirittura castelli. In questo caso la copertura economica da trovare sarebbe inferiore, ma comunque consistente, perché parliamo di poco meno di tre miliardi che verrebbero a mancare.

 

Imu legata al patrimonio

Un’altra soluzione consisterebbe nel legare il pagamento dell’Imu alla dichiarazione dell’Isee, quella che tiene conto non solo del reddito Irpef, ma anche di tutti i patrimoni posseduti dal singolo contribuente. L’idea sarebbe di fissare un limite di 15mila euro dichiarati nell’Isee, che farebbe scattare la totale esenzione dal pagamento dell’Imu. Si capisce bene però che si tratta di una soglia molto bassa, che lascerebbe il peso dell’imposta su una larga fascia di ceto medio, e quindi di certo è una delle soluzioni meno auspicate.

 

Una nuova imposta: la service tax

Tra le proposte in campo, ce n’è una sostenuta invece in modo particolare proprio dal governo. Consisterebbe nel fondere insieme l’attuale Imu con la Tares, la nuova tassa sulla spazzatura. In questo modo si andrebbe a definire un’imposta, detta service tax, sul modello di quanto avviene in altri Paesi, ad esempio in Gran Bretagna. L’ostacolo principale è rappresentato dalla definizione del soggetto che dovrebbe provvedere a pagare l’imposta in questione. Attualmente, l’Imu, che è una tassa di proprietà, viene versata dal proprietario dell’abitazione, mentre in caso di locazione, la tassa sull’immondizia viene caricata in capo all’inquilino. Chi dovrebbe dunque pagare la nuova service tax? E come si potrebbe ripartire il carico dell’imposta unica eventualmente tra proprietario e inquilino?

 

Soluzione transitoria

Proprio perché i nodi da sciogliere, in caso di approvazione di una nuova service tax, sono numerosi, si starebbe pensando anche ad un’altra soluzione transitoria. Si potrebbe trasformare la sospensione della rata di giugno in una cancellazione, e i contribuenti pagherebbero tutti l’Imu, ma solo per l’importo riguardante la seconda rata di dicembre a saldo. In questo modo si avrebbero i tempi tecnici per cambiare in via definitiva la legislazione, che scatterebbe ufficialmente per tutti a partire da gennaio 2014. Questa soluzione necessiterebbe di una copertura pari a circa la metà del gettito complessivo dell’Imu sulla prima casa, ossia di poco più di 2 miliardi di euro.

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