Martone: aliquote esagerate per la gestione separata

Occorre una riflessione seria sulla riduzione dei contributi pensionistici che i titolari delle partita IVA senza Ordine pagano (e, soprattutto, dovranno pagare da gennaio 2014, data a partire dalla quale scatterà l’aumento dal 27 al 28% dei compensi incassati) e sulla possibilità di applicazione di un metodo contributivo pieno anche a questo mondo.
Riforma Fornero
La pensa così Michel Martone, già viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali nel Governo Monti e docente di diritto del Lavoro all’Università degli studi di Teramo e alla LUISS Guido Carli di Roma. “La difficoltà che il settore sta attraversando, testimoniata anche dal calo delle nuove partite Iva, è un fenomeno complesso. Da un lato va analizzato alla luce della crisi economica che ha scoraggiato quanti erano intenzionati ad avviare una nuova impresa. Lo dimostra anche la riduzione di richieste di mutui nel settore bancario. Dall’altro lato probabilmente le partite Iva sono state danneggiate dalla rigidità di alcune norme della riforma Fornero e questo ci porta a riconsiderare il problema del metodo contributivo. Si deve andare verso il metodo contributivo pieno”. In questo momento storico Martone considera l’aspetto contributivo prevalente rispetto all’universalizzazione degli ammortizzatori sociali: “Dobbiamo capire se il mondo delle partite Iva è costituito da lavoratori autonomi che assumono il rischio di impresa oppure maschera una subordinazione. Su questo punto c’è sempre stata sottesa un’ambiguità che ha portato, in alcuni casi, a innalzare le aliquote contributive. Se si tratta di lavoratori autonomi la questione degli ammortizzatori sociali adesso deve cedere il passo. E’ più importante ragionare sulla riduzione dei contributi”.
Aumento Iva
Nell’immediato, però, il Governo Letta ha altre gatte da pelare. A cominciare dalla decisione relativa all’aumento dell’Imposta sul valore aggiunto. Martone è convinto che per evitarlo si dovrebbe avviare una riduzione degli sprechi dello Stato, a maggior ragione adesso che i margini a livello europeo dello sforamento del 3% sono stati assorbiti (ndr. alla fine dello scorso maggio l’Unione Europea ha chiuso la procedura di infrazione per deficit eccessivo che era stata aperta nei confronti del nostro Paese dopo che i conti pubblici avevano sforato il tetto del rapporto deficit/pil fissato dai parametri di Maastricht). “Il taglio agli sprechi è la via giusta per recuperare i 4 miliardi di euro necessari senza gravare ulteriormente sugli italiani che lavorano. Con i margini che ci sono e senza aumentare le tasse sul lavoro, che sono già eccessivamente alte, il Governo dovrà optare tra interventi su cuneo fiscale, Iva o Imu. Su questi sono molto forti le richieste che provengono da tre ambiti diversi: la prima dal mondo del lavoro, la seconda dal mondo del commercio, l’ultima dal centro-destra ed è, appunto, la rimozione dell’IMU. Credo che, considerato che non ci sono le risorse per tutte queste misure, l’Esecutivo dovrà assumersi le sue responsabilità e scegliere”.