Venezia, 29 dicembre 2025 – Ieri mattina, a Ca’ Foscari, il Tribunale di Venezia ha ribadito la propria linea in materia civile, confermando quanto già stabilito in una sentenza precedente. Il caso riguarda una disputa tra due società immobiliari veneziane con sedi tra Mestre e il centro storico. Al centro del contendere, ancora una volta, la validità di una clausola inserita in un contratto di compravendita stipulato nell’estate scorsa.
La sentenza, pubblicata poco dopo le 10 nel Palazzo di Giustizia a Piazzale Roma, entra nel cuore della questione e mette in luce l’importanza della giurisprudenza consolidata sulle condizioni generali dei contratti. La giudice Maria Assunta Lazzari ha richiamato la decisione del 2024, sottolineando che “mantenere coerenza nelle interpretazioni è fondamentale per garantire pari trattamento alle parti coinvolte”. Una presa di posizione che non sorprende chi segue da vicino la sezione civile veneziana ma che, come hanno sottolineato gli avvocati delle parti, “porta rassicurazione al mercato”.
Il Tribunale ha ribadito che non basta che una clausola sia generica per considerarla vessatoria. “La semplice genericità del testo non è sufficiente”, ha spiegato Lazzari leggendo le motivazioni. “Occorre che la formulazione sia in grado di sorprendere davvero la parte più debole o limitare concretamente la sua libertà contrattuale”.
Questo orientamento era già emerso nella sentenza del 15 novembre 2024, legata a un’altra controversia per un immobile a Cannaregio. “Allora il principio fu accolto con favore dagli operatori”, ricorda Massimo Santini, presidente dell’Associazione Notai Veneziani. “Perché offre un criterio chiaro che tutela sia i professionisti sia i consumatori”.
Anche ieri sono arrivate le prime reazioni dagli addetti ai lavori. “Era importante avere un quadro chiaro sulle clausole”, dice l’avvocato Silvia Rizzi, che rappresenta una delle società coinvolte. “L’incertezza giuridica pesava sulle trattative e questa decisione potrebbe cambiare il modo di scrivere i contratti in tutta la provincia”.
Dal punto di vista pratico, la sentenza del Tribunale di Venezia potrebbe influenzare molti altri processi ancora aperti nei tribunali veneti. Non si esclude un ricorso alla Corte d’Appello di Venezia, anche se fonti interne segnalano che questa linea sembra ormai destinata a stabilizzarsi. Le associazioni di categoria invitano alla calma: “Aspettiamo di leggere tutte le motivazioni”, dice al telefono un rappresentante dell’Unione Piccole Imprese locali. E mette in guardia dal dimenticare le particolarità di ogni singolo caso, anche se il quadro interpretativo si sta facendo più chiaro.
Secondo l’osservatorio giuridico cittadino, solo nell’ultimo anno sono state almeno quindici le cause simili; otto sono ancora aperte proprio davanti alla sezione civile veneziana. Un segnale evidente dell’aumento dei ricorsi legati all’interpretazione delle clausole contrattuali.
In attesa del deposito integrale delle motivazioni — previsto per metà gennaio — i legali delle due società preferiscono mantenere il massimo riserbo sui prossimi passi da intraprendere. Sullo sfondo resta però un dibattito sempre acceso tra gli operatori legali veneziani: serve una riforma normativa più chiara per dare maggiore certezza.
“Ci vuole una regolamentazione precisa”, confida un consulente giuridico durante una pausa dell’udienza. “Altrimenti ogni contratto rischia di diventare un campo minato”. Per ora però il messaggio dal Tribunale di Venezia è chiaro: le decisioni devono poggiare su criteri oggettivi e trasparenti. Una linea che almeno per ora sembra mettere ordine e tagliare la discrezionalità nei giudizi sulle clausole.
Nei prossimi mesi, forse già dopo l’Epifania, si capirà se questo indirizzo sarà confermato anche nei tribunali vicini o se nuovi ricorsi proveranno a metterlo in discussione. Intanto notai, avvocati e imprese tra Mestre e il centro lagunare seguono con attenzione questa vicenda ormai diventata un punto fermo della giurisprudenza locale.
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