Milano, 14 giugno 2024 – Il Tribunale di Milano ha messo un punto fermo con una sentenza depositata ieri: nel concordato minore, le modifiche alla proposta del debitore dopo il voto dei creditori devono essere davvero marginali. Una decisione molto attesa dagli addetti ai lavori, che conferma anche l’applicazione della cosiddetta relative priority rule in questa procedura. In pratica, arriva più chiarezza per chi è in sovraindebitamento ma non rientra nella categoria dei consumatori.
I giudici della sezione fallimentare hanno stabilito che il debitore non consumatore, che vuole accedere al concordato minore – previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera c) del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Dlgs. 14/2019) – può proporre un piano di rientro ai creditori. Ma attenzione: una volta che i creditori hanno votato, la proposta può essere cambiata solo in modo “irrilevante”. In altre parole, non si può mettere mano a ciò che cambia l’essenza dell’accordo originario. Nel testo del provvedimento si legge che le modifiche ammesse “devono riguardare solo dettagli secondari e non toccare l’equilibrio economico della proposta votata”.
La decisione arriva dopo circa due mesi di istruttoria. L’udienza chiave si è svolta il 6 giugno, con in aula i rappresentanti delle banche creditrici principali e l’avvocato della società debitrice, una piccola impresa nel settore della logistica. Il giudice relatore, Marco Rinaldi, ha spiegato che “va tutelato l’interesse dei creditori, evitando che la proposta venga stravolta dopo il voto”. Un richiamo forte alla trasparenza e alla prevedibilità della procedura.
Altro punto chiave: la relative priority rule, secondo cui i creditori più “in alto” nella scala devono essere pagati prima di quelli “in basso”, salvo che tutti siano d’accordo. Questa regola, già valida nei concordati preventivi ordinari, ora si applica anche al concordato minore. Il collegio ha chiarito che rispettare questa priorità “garantisce equità tra creditori e impedisce favoritismi ingiustificati”.
La questione era stata sollevata da un creditore chirografario, preoccupato di essere penalizzato da un cambio dell’ultimo minuto nella proposta. Secondo quanto emerso in aula, la società aveva cercato di inserire una clausola a favore di un fornitore strategico dopo la chiusura delle votazioni. Il Tribunale ha detto no, ricordando che “qualsiasi deroga alla priorità deve essere approvata esplicitamente dai creditori coinvolti”.
Questa sentenza pesa molto per chi si trova in una situazione di sovraindebitamento e non è un consumatore – come piccoli imprenditori, professionisti o artigiani – e vuole usare gli strumenti del nuovo Codice della crisi. Solo nella provincia di Milano, nel primo trimestre 2024, sono arrivate più di 120 domande di concordato minore, secondo la Camera di Commercio.
“Questa pronuncia dà un punto di riferimento chiaro sia ai debitori che ai loro consulenti”, commenta l’avvocato Francesca Lodi, esperta di diritto fallimentare. “Sapere che le modifiche dopo il voto devono essere solo di facciata aiuta a evitare battaglie legali e accelera le procedure”.
Le associazioni di categoria hanno accolto con favore la decisione. Confartigianato Lombardia sottolinea che “avere regole certe è fondamentale per chi si trova in difficoltà finanziaria e cerca una via d’uscita negoziata”. Anche tra i professionisti che seguono le crisi d’impresa si respira soddisfazione. Il commercialista Paolo Gatti dice: “Finalmente abbiamo una linea chiara su cosa si può fare – e cosa no – dopo il voto dei creditori”.
Resta da vedere se anche altri tribunali seguiranno la strada tracciata da Milano o se spunteranno interpretazioni diverse. Intanto, chi affronta il sovraindebitamento sa che la strada è segnata: le proposte vanno costruite con cura fin dall’inizio. Dopo il voto, si potrà solo aggiustare il tiro senza stravolgere tutto.
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