Milano, 12 dicembre 2025 – Gli emendamenti appena approvati sull’OIC 25 segnano una svolta importante nella contabilità: l’imposta sostitutiva non si iscrive più in contropartita di una riserva specifica. Si tratta di un cambio netto rispetto a quanto fatto finora da molte aziende italiane. La novità, arrivata dopo un confronto tra operatori e controllori, ha subito acceso il dibattito sulle conseguenze fiscali e contabili per il 2025.
Con l’entrata in vigore delle nuove regole dell’OIC 25, l’imposta sostitutiva in bilancio viene trattata in modo diverso. Prima era prassi comune iscriverla a fronte di una riserva nel patrimonio netto, spesso chiamata “riserva da imposta sostitutiva” o simili. Ora questa pratica non trova più spazio nei nuovi criteri.
Nel documento ufficiale pubblicato dall’Organismo Italiano di Contabilità l’11 dicembre si legge chiaro: “l’imposta sostitutiva versata non genera la costituzione di una riserva specifica nel patrimonio netto”. Un cambio che, come raccontano alcuni commercialisti di Milano sentiti ieri pomeriggio in via Vittor Pisani, obbliga a rivedere le scritture tradizionali.
La novità riguarda molte società, dalle PMI fino ai grandi gruppi quotati, e incide direttamente sulla composizione del patrimonio netto. Per anni i bilanci hanno mostrato quella riserva legata all’imposta; adesso andrà eliminata. “Non è solo una questione formale,” spiega il dottor Marco Lattanzi, commercialista e membro della commissione tecnica OIC. “Il vero nodo è capire come questo modifica la rappresentazione della posizione fiscale e degli utili distribuibili”.
Sul piano pratico, l’imposta sostitutiva andrà registrata tra le passività correnti, oppure, se previsto dalla norma, come costo d’esercizio. Questa distinzione sta già facendo discutere gli studi professionali in tutta Italia. “Serve rivedere processi consolidati”, conferma una consulente romana che segue diverse imprese industriali. “Le aziende dovranno aggiornare procedure interne e riscrivere alcune regole contabili”.
L’emendamento nasce dal tentativo dell’OIC di allinearsi alle prassi internazionali e alle richieste degli enti europei. Il confronto con i principi IAS/IFRS ha spinto a riconsiderare il modo di iscrivere l’imposta sostitutiva a patrimonio netto. Nei principali Paesi UE questa voce non si lega a una riserva specifica ma viene gestita come voce separata, spesso nelle imposte anticipate o differite.
“L’obiettivo è garantire uniformità e trasparenza”, ha detto un portavoce dell’OIC nella nota diffusa mercoledì sera. L’organismo invita ora le aziende a rivolgersi ai propri consulenti per interpretare bene le nuove regole. Non tutti i casi sono uguali: ad esempio, gli affrancamenti fiscali su beni immateriali vanno valutati con attenzione, in attesa della circolare interpretativa prevista nelle prossime settimane.
Le imprese italiane, secondo una prima stima dell’Associazione Nazionale Dottori Commercialisti, dovranno modificare centinaia di bilanci già da quello del 2025. Sono coinvolti settori diversi: dalla manifattura alle utilities fino ai servizi digitali. “Molte aziende ci stanno chiedendo chiarimenti – racconta Alessandro Fornari, consulente fiscale milanese – soprattutto su come gestire le scritture transitorie per le imposte versate negli anni passati”.
Il rischio più grande? Errori o interpretazioni sbagliate che potrebbero portare a rilievi durante i controlli fiscali o la revisione dei conti. Per questo il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ha già annunciato un webinar dedicato entro fine anno.
Nei prossimi giorni si attendono ulteriori indicazioni dall’OIC e dall’Agenzia delle Entrate, forse con una circolare esplicativa entro gennaio 2026. Nel frattempo gli esperti suggeriscono prudenza: “Meglio tenere traccia precisa delle operazioni per cancellare le vecchie riserve”, consiglia Lattanzi, “e valutare caso per caso l’effetto sulla distribuzione degli utili”.
Insomma, non si tratta solo di cambiare qualche voce o formula tecnica nei bilanci: è un passo verso una maggiore uniformità europea che costringerà le aziende a mettere mano ad abitudini radicate. Un segnale chiaro – anche se inatteso per molti – che la contabilità italiana sta virando verso standard più trasparenti e condivisi a livello internazionale.
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