Roma, 3 dicembre 2025 – Ieri sera la Camera dei Deputati ha dato il via libera, in prima lettura, al disegno di legge che riforma le procedure di cooperazione giudiziaria internazionale. Il provvedimento riguarda esclusivamente i rapporti tra l’Italia e i Paesi extra-UE ed EFTA. Il voto è arrivato intorno alle 19.30, dopo un acceso confronto tra maggioranza e opposizione, che hanno sollevato dubbi e chiesto chiarimenti su alcuni punti della nuova norma.
Riforma che riguarda solo Stati extra-UE ed EFTA
Come ha spiegato il relatore in Aula, la riforma non tocca i meccanismi già in vigore con gli Stati dell’Unione Europea e dell’EFTA (Associazione europea di libero scambio). Interviene invece su un terreno spesso complicato: la collaborazione con Paesi fuori da questi due gruppi. Parliamo di temi come estradizione, assistenza giudiziaria e trasferimento dei procedimenti penali. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha sottolineato che “la revisione era attesa da tempo per snellire pratiche troppo ingessate e allineare le procedure ai nuovi standard internazionali”.
Secondo la relazione tecnica allegata al testo, ogni anno l’Italia riceve più di 300 richieste di estradizione o assistenza giudiziaria da Paesi extra-UE. Non sempre però il percorso è semplice. Da anni gli addetti ai lavori denunciano tempi troppo lunghi e scarsa armonia tra le norme italiane e quelle degli Stati che fanno richiesta.
Le novità del disegno di legge
Il testo approvato introduce alcune modifiche importanti. La più significativa riguarda la delega al Governo per definire nuovi regolamenti sull’estradizione passiva e la trasmissione degli atti. Verrà inserito un “filtro preliminare” affidato alla Corte d’Appello, con tempi più rapidi sia per esaminare le richieste straniere sia per informare le parti coinvolte. Un passaggio nuovo che – ha spiegato il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Ostellari – punta a “evitare i blocchi burocratici che spesso creano zone grigie tra diritto interno e internazionale”.
Il provvedimento chiarisce anche i passaggi tra il Ministero della Giustizia e le autorità giudiziarie locali, per ridurre il rischio di valutazioni doppie e velocizzare lo scambio dei fascicoli. In Aula, diversi deputati hanno chiesto garanzie sulla tutela dei diritti degli indagati: il Governo ha rassicurato sul rafforzamento degli obblighi informativi e sul rispetto del giusto processo.
Reazioni politiche e pareri dagli operatori
Sul fronte politico, l’approvazione ha ricevuto una risposta cauta. Tra i partiti di maggioranza si è sentito un parere positivo: la capogruppo di Forza Italia, Alessandra Gallone, ha definito il testo “un primo passo importante per dare strumenti più moderni alla magistratura”. Le opposizioni invece hanno chiesto “monitoraggi continui”, come sottolineato in Aula dal deputato del Partito Democratico Stefano Vaccari, che ha chiesto più trasparenza sui criteri usati per selezionare le richieste da valutare.
Anche i magistrati si sono espressi con prudenza. L’Associazione Nazionale Magistrati ha apprezzato l’intento di semplificare ma attende “il dettaglio dei decreti attuativi prima di poter dare un giudizio definitivo”. Un magistrato della Corte d’Appello di Roma – che preferisce restare anonimo – confida una certa preoccupazione per i tempi stretti imposti in alcune fasi: “Senza risorse aggiuntive sarà dura rispettare i termini”.
Iter parlamentare e prossimi passi
Ora il disegno di legge passa al Senato. Fonti parlamentari parlano della volontà della maggioranza di chiudere l’iter entro febbraio 2026, così da permettere al Governo di varare i regolamenti prima dell’estate. Non è però escluso che arrivino ulteriori modifiche durante l’esame in commissione.
Intanto dagli uffici del Ministero della Giustizia arriva un messaggio prudente: “Le nuove regole dovranno fare i conti con la realtà pratica degli uffici giudiziari”, spiega un funzionario. “Sarà fondamentale prevedere un periodo transitorio per far sì che gli operatori si adeguino”.
In attesa del via libera definitivo resta aperto il nodo della cooperazione con quei Paesi privi di accordi bilaterali o con sistemi giuridici molto diversi dal nostro. Su questo punto il dibattito non si spegne. Ma sembra ormai chiaro quale sarà la direzione: norme più trasparenti e tempi certi per gestire richieste delicate che coinvolgono cittadini e imprese italiane all’estero.
