Milano, 20 dicembre 2025 – La Commissione Tributaria di Milano ha acceso un dibattito acceso tra le partite IVA lombarde. Ieri ha deciso che la sede di un’impresa, se coincide con lo studio del suo commercialista, non può essere considerata una base reale per l’attività aziendale. Il verdetto, notificato verso le 17 secondo fonti legali vicine al caso, riguarda soprattutto una società operante nel settore dei servizi alle imprese, con sede legale in via Carducci, proprio nello studio fiscale del consulente di fiducia.
La ragione dietro il verdetto
Dai documenti si legge che il collegio, guidato dal giudice Carlo Rinaldi, ha chiarito: “la semplice coincidenza tra sede legale e indirizzo del commercialista non prova che l’attività d’impresa si svolga davvero e continuativamente lì”. L’Agenzia delle Entrate aveva puntato il dito dopo aver scoperto che all’indirizzo dichiarato mancavano personale, attrezzature, cartelloni e persino documenti aziendali. Nella sentenza pubblicata ieri pomeriggio si sottolinea: “La società non ha portato prove sufficienti per dimostrare la reale operatività nella sede comunicata”.
Chi lavora nel settore non si stupisce più di tanto. Sono già centinaia i casi di società ‘in scatola’, registrate formalmente nello studio dei consulenti ma senza una vera struttura operativa. “È un fenomeno noto – spiega Andrea Conti, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Milano – che rischia di compromettere la trasparenza del sistema fiscale e favorire pratiche elusive”.
Cosa cambia per le imprese
La sentenza pesa subito: la società deve trovare una sede vera entro 30 giorni o rischia di essere cancellata dall’elenco delle imprese attive. Non solo. Se arrivano controlli fiscali, la mancata prova della presenza fisica può aprire accertamenti su fatturati, deduzioni e crediti d’imposta degli ultimi anni.
Il monito vale anche per chi non è piccolo. “Negli ultimi mesi sono finite sotto osservazione anche aziende strutturate”, conferma Conti, riferendosi al boom dei controlli sulle società con sede in co-working o domicili professionali. Il nodo sta nel capire chi usa questi indirizzi per esigenze pratiche e chi invece li mette in piedi solo per nascondere attività svolte altrove.
La legge dice…
La normativa in vigore – decreto legislativo n. 175/2014 e successive modifiche – permette di fissare la sede legale nello studio di un professionista, ma solo se quell’indirizzo è “idoneo allo svolgimento delle attività amministrative essenziali” e se l’impresa dimostra almeno una presenza documentale.
Spesso però, come emerge dai verbali della Guardia di Finanza, la coincidenza tra domicilio fiscale e indirizzo del consulente viene sfruttata da società “apri e chiudi”, attive pochi mesi e poi sparite senza lasciare traccia. Nei casi più gravi questo sistema serve a coprire operazioni fittizie o a eludere le norme sull’IVA.
Le reazioni da professionisti e imprenditori
La sentenza ha diviso i pareri tra i professionisti. C’è chi applaude a quella che definisce “una stretta necessaria”. Altri temono invece un giro di vite burocratico che potrebbe colpire chi lavora nel rispetto delle regole. “Molte microimprese usano il nostro indirizzo solo per ricevere la posta o conservare i documenti, senza altri secondi fini”, racconta Elisa Murgia, consulente fiscale nella zona Sempione. Secondo lei servirebbe “fare chiarezza tra veri casi di frode e necessità pratiche legate ai costi”.
Anche le associazioni degli imprenditori hanno preso posizione. “Serve equilibrio: le regole vanno rispettate ma senza penalizzare i più deboli”, ha detto ieri a caldo Andrea Pini, portavoce della Confapi Milano.
Che futuro per le partite IVA lombarde?
Per le piccole imprese il messaggio è netto: bisogna tenere traccia di ogni dettaglio aziendale, dalla presenza fisica alle attività amministrative. L’Agenzia delle Entrate – fanno sapere dagli uffici di via Moscova – sta stringendo i controlli sulle sedi dichiarate negli ultimi due anni, soprattutto nelle grandi città come Milano. Un segnale forte proprio alla vigilia delle feste.
Solo allora si capirà se questa stretta sulla sede legale porterà più chiarezza o solo nuovi problemi a chi fa impresa in Lombardia. Ma resta aperta la domanda: dove finisce la lotta contro le frodi e dove comincia la necessità di semplificare la vita a chi ogni giorno prova a lavorare onestamente?
