Roma, 5 dicembre 2025 – Per le cooperative sociali si apre una cornice legislativa ben distinta rispetto agli altri soggetti del Terzo settore. Negli ultimi mesi, diversi esperti e operatori hanno messo in luce come questo quadro normativo sia il risultato di un percorso lungo oltre trent’anni. Oggi, questa differenza non riguarda solo aspetti burocratici, ma si riflette anche nelle questioni pratiche, fiscali e di gestione. Un tema che torna a far discutere associazioni, tecnici e istituzioni.
La legge 381 del 1991, entrata in vigore ormai da più di trent’anni, ha creato le cooperative sociali come soggetti giuridici con regole proprie. Da allora la normativa non è rimasta ferma: modifiche successive, direttive ministeriali e aggiornamenti hanno mantenuto una netta differenza rispetto alle altre forme di enti non profit. Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl, lo spiega così: “Le cooperative sociali hanno mantenuto una funzione pubblica riconosciuta anche dal Codice del Terzo settore, pur restando fuori da alcune discipline comuni”. Questo dualismo spesso genera dubbi e richieste di chiarimenti agli enti competenti.
Negli ultimi cinque anni, con l’entrata in vigore del Codice del Terzo settore (decreto legislativo 117/2017), la situazione si è fatta ancora più complessa. Le cooperative sociali sono iscritte sia nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore (Runts), sia negli albi delle Camere di Commercio, seguendo regole che non sempre coincidono con quelle degli altri soggetti. Questa doppia posizione solleva molte domande su quali norme valgano in caso di controlli o controversie.
Sul piano operativo le cooperative sociali hanno una natura particolare: sono imprese ma con uno scopo mutualistico e di inclusione sociale. Valeria Marrone, esperta di diritto degli enti non profit, sottolinea che “spesso devono rispettare obblighi più rigidi rispetto a una classica associazione o fondazione”. Ad esempio, ci sono regole precise sulla composizione dei soci, sulle modalità per eleggere gli organi interni e sul modo in cui si distribuiscono gli utili. Solo una parte degli utili può andare ai soci; il resto deve essere reinvestito per finalità sociali.
Anche il fronte fiscale presenta differenze evidenti. Le cooperative sociali godono di alcune agevolazioni che gli altri enti del Terzo settore non hanno. Lo conferma un documento recente dell’Agenzia delle Entrate uscito a settembre: “La disciplina fiscale mantiene profili specifici per le cooperative sociali rispetto alle altre realtà non lucrative”. Ma restano zone d’ombra: per esempio, il trattamento dell’Iva sulle attività svolte per conto degli enti pubblici ha suscitato interpretazioni diverse negli ultimi anni. Gli operatori segnalano un certo livello di confusione che in certi casi ha richiesto circolari esplicative ad hoc.
Sul campo questa frammentazione normativa crea problemi ma anche spazi di autonomia. Mario Rossi, presidente di una storica cooperativa sociale romana attiva dal 1994, racconta: “Spesso dobbiamo confrontarci sia con la Prefettura sia con il Runts. Le scadenze amministrative raddoppiano e ogni passaggio richiede attenzione”. Un quadro confermato da altri responsabili sentiti in questi giorni. Nelle ultime settimane diverse associazioni di categoria hanno chiesto al Ministero del Lavoro regole più chiare e una maggiore armonia normativa.
Intanto sul territorio nascono nuove cooperative sociali, soprattutto per rispondere ai bisogni delle fasce più fragili della popolazione. I dati forniti dal Forum nazionale del Terzo settore mostrano un settore vivace: oltre 13mila cooperative sociali attive in Italia al 2024, con più di 400mila lavoratori coinvolti. Una realtà che incrocia sempre più spesso il mondo delle imprese tradizionali e le amministrazioni locali.
Il confronto tra i vari attori resta acceso. Gli operatori chiedono regole chiare ed evitano inutili doppioni burocratici. “Vorremmo un modello unico che valorizzi la nostra specificità ma ci permetta di lavorare senza dubbi”, ammette Giulia Bianchi, vicepresidente di Confcooperative Roma. Il Ministero del Lavoro ha assicurato nei giorni scorsi – durante un incontro informale – che entro il prossimo anno verrà aperto un nuovo tavolo tecnico per affrontare i punti critici della normativa.
La strada verso un’armonizzazione normativa è ancora lunga. Però cresce l’attesa tra operatori ed esperti per soluzioni concrete che semplifichino il lavoro quotidiano delle cooperative sociali, senza perdere quel patrimonio di innovazione sociale costruito negli ultimi trent’anni.
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