Roma, 23 dicembre 2025 – Dal prossimo anno, le associazioni e gli enti non profit dovranno indicare in modo chiaro e distinto le entrate provenienti dalle attività commerciali nei loro bilanci. La precisazione è arrivata stamattina dal Ministero dell’Economia, attraverso una nota inviata alle principali federazioni del terzo settore. Dopo settimane di richieste e dubbi da parte degli addetti ai lavori, arriva finalmente questo chiarimento.
Il nuovo obbligo riguarda tutte le organizzazioni che operano sia con attività istituzionali sia con quelle commerciali. Il ministero, guidato da Giancarlo Giorgetti, spiega che si tratta di una misura pensata per “aumentare la trasparenza e la chiarezza dei bilanci, proteggendo la natura delle entrate e facilitando i controlli fiscali”. Non è un dettaglio da poco: distinguere i fondi arrivati da donazioni da quelli generati dalla vendita di beni o servizi era già una richiesta formale dell’Agenzia delle Entrate.
Sembra un passaggio tecnico, ma chi lavora nel settore lo considera una svolta. “Abbiamo chiesto spiegazioni per mesi”, racconta Elena Borghi, presidente di una rete di cooperative sociali con sede a Milano. “Offriamo servizi educativi e culturali, ma gestiamo anche caffetterie e piccoli laboratori: dover specificare ogni voce aiuterà sia noi che i revisori”. Negli ultimi tempi il rischio di errori o contestazioni fiscali aveva creato tensione.
A partire dal prossimo bilancio – si legge nella nota ufficiale – tutte le entrate derivanti dalle attività commerciali dovranno essere inserite in “una sezione dedicata o comunque separate in modo evidente” dalle altre. In questa categoria rientrano i ricavi dalla vendita di gadget, la somministrazione di cibo durante gli eventi o le quote per corsi che non fanno parte dell’attività principale dell’associazione.
Non è solo questione di numeri: questa separazione va fatta sia nel rendiconto gestionale sia nella relazione di missione. In pratica, bisognerà chiarire quali risorse arrivano da attività commerciali e quali da donazioni, quote associative o finanziamenti pubblici.
Le associazioni più grandi – come circoli culturali o sportivi – già usano sistemi contabili abbastanza sofisticati. Ma per quelle più piccole il cambiamento potrebbe portare un carico amministrativo extra. “Stiamo già lavorando con i nostri consulenti per aggiornare il software contabile”, spiega ieri Marco Lorusso, segretario dell’associazione Arci Roma. “Non sarà facile all’inizio, ma maggiore chiarezza fa sempre bene”.
La decisione nasce soprattutto dall’esigenza di evitare casi di elusione fiscale e rendere più trasparenti i flussi di denaro. Lo ha sottolineato anche l’Agenzia delle Entrate, che a fine novembre aveva chiesto “più dettagli nelle scritture contabili delle organizzazioni non lucrative”. In passato alcune irregolarità avevano complicato i controlli.
Secondo diversi esperti del settore, questa novità potrebbe migliorare anche il rapporto tra enti non profit e cittadini. “Spesso ci chiedono come usiamo i soldi raccolti”, racconta Simone Rizzo, tesoriere di una onlus romana che si occupa di assistenza ai minori. “Mostrare nero su bianco da dove vengono e dove vanno le risorse crea fiducia”.
Le regole valgono da subito: scatteranno per i bilanci 2024 da consegnare entro il 30 giugno 2025. Chi non si adeguerà rischia multe e controlli stringenti.
Questa mattina sono arrivate le prime reazioni dalle sigle associative principali. Il Forum Terzo Settore ha chiesto un incontro urgente con il ministero per definire linee guida pratiche e strumenti d’aiuto, soprattutto per le realtà più piccole. La Caritas nazionale ha invece lanciato un appello a “non trasformare l’obbligo in un peso insostenibile per chi è già fragile”.
Dal Ministero dell’Economia assicurano che nelle prossime settimane pubblicheranno esempi concreti di bilancio aggiornato sul sito ufficiale. Molti sperano che serva a evitare errori o fraintendimenti nei primi mesi.
È una fase delicata quella sulla trasparenza delle attività commerciali nei bilanci degli enti non profit. L’obiettivo è rafforzare il legame di fiducia tra società civile, cittadini e istituzioni. Ma gli addetti ai lavori avvertono: serve chiarezza semplice ed efficace perché tutto funzioni davvero.
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